Il ministro alza gli occhi al cielo e parla di 'nemesi'. Sorride, ma a denti stretti. Ironia amara, perché Romano Prodi, dopo aver strigliato i suoi ministri invitandoli a pesare le parole e a schivare i giornalisti, è riuscito con una sola intervista a far inferocire sia i partiti 'comunisti' dell’Unione che FI. Nonché a determinare un clima di tensione all’interno del suo staff. Tutta colpa di una lunga chiacchierata concessa martedì al direttore del tedesco Die Zeit e pubblicata ieri.
Rispetto alla Germania, dice Prodi, 'noi abbiamo solo più folklore, Rifondazione, i Comunisti italiani. Ma a confronto di Lafontaine, è qualcosa di abbastanza innocuo'. Più avanti, si parla di Berlusconi. Che, dice Prodi, 'ha schiavizzato l’Italia'. Non solo. Riprendendo la tesi del Caimano di Moretti, il premier sostiene che, grazie alle sue tv, Berlusconi ha portato il cervello degli italiani all’ammasso. Per cui, chi ha studiato e non guarda la tv vota centrosinistra, gli altri (e segnatamente «le casalinghe») centrodestra.
LE REAZIONI sono state durissime. 'Prodi deve smentire subito', tuonavano i dirigenti di Rifondazione, Pdci e anche dei Verdi. Il clima era tale che i capigruppo del Prc, ancora scottati per l’esclusione di Lidia Menapace dalla presidenza della commissione Difesa del Senato, hanno chiesto "una verifica" politica. Men tre i giovani del partito minacciavano di portare il loro «folklore» in piazza. E in modo particolare sotto Palazzo Chigi. «Prodi ha mancato di rispetto a tre milioni e mezzo di elettori comunisti», tuonava il Pdci Rizzo. Il tutto mentre la Cdl gridava allo scandalo e FI invocava un "immediato dibattito parlamentare".
Era furente, Sandro Bondi. Parlava di "emergenza democratica" e di "barbarie politica" da parte di «un uomo pericoloso e umanamente meschino».Gli addetti stampa di Ds e Margherita ironizzavano sui loro colleghi prodiani. Il portavoce di Prodi, Silvio Sircana, puntava l’indice contro il responsabile per i rapporti con la stampa estera, Rodolfo Brancoli. E il diessino Caldarola ammetteva "il totale fallimento del rapporti tra governo e media".