La scelta di Gerusalemme per la parata del ‘Gay Pride’ sta infiammando gli animi ovunque in Israele. Non solo ha scatenato le reazioni dei rappresentanti delle tre religioni, ebrei, cristiani e musulmani, ma è da giorni oggetto di animate discussioni nell’ambito delle riunioni familiari del venerdì sera e degli incontri tra amici. La parata prevista per domani rischia di essere rinviata all'ultima ora per motivi di sicurezza. Una richiesta precisa in tal senso è stata avanzata dal capo della polizia di Gerusalemme.
La maggior parte della popolazione non è contro la manifestazione dell’orgoglio Gay in quanto tale, ma avanza delle riserve sulla scelta della Città Santa e quanto rappresenta. «Quello che mi dà fastidio è la scelta di Gerusalemme: se lo facessero a Tel Aviv, come negli anni scorsi, non se ne accorgerebbe nessuno. È una provocazione bella e buona», dice Noam, 27 anni. «Non si può impedire una manifestazione di questo genere, siamo in uno Stato democratico» replica Rachel, 25 anni. «È importante che la manifestazione si faccia perché gay e lesbiche hanno diritto di esprimersi e io sono contro ogni minaccia e uso della violenza», interviene Daphna, giornalista di Tel Aviv. «Il fatto che abbiano cambiato il percorso di marcia per evitare di passare vicino al quartiere degli Ortodossi mi sembra un compromesso ragionevole», aggiunge, ricordando che Gerusalemme è “la capitale di tutti”. Anche secondo Yusef, palestinese e musulmano di Jaffa, la Gay Parade dovrebbe avere luogo: «Bisogna rispettare la libertà di scelta e, del resto, ricordiamoci che nessuno sceglie chi amare».
Gli Ebrei ultra-ortodossi, per i quali la Gay Parade nella Città Santa è un affronto inaccettabile, da alcuni giorni hanno scatenato le violenze per le strade della capitale, in particolare nel quartiere di Mea She’arim. Alcuni di loro hanno lanciato sassi e vari oggetti contro la polizia e dato fuoco ai contenitori della spazzatura. Sono persino arrivati a minacciare di morte gli organizzatori della manifestazione. A Tel Aviv, invece, un gruppo di persone a volto coperto (vandali, ipotizza la polizia) ha rotto a sassate i vetri della sinagoga Geulat Yisrael e imbrattato il muro con la scritta «se non ci permetterete di marciare a Gerusalemme, voi non passeggerete a Tel Aviv». Parlando con la gente si ha la sensazione che gli ultra-ortodossi, con la loro intolleranza, abbiano causato parecchia irritazione, anche tra chi era inizialmente contro la parata a Gerusalemme.
«Per come si sono messe le cose attualmente penso che dovrebbero farla: di fronte a una simile manifestazione di violenza è preferibile che la parata abbia luogo. Non ci arrendiamo alla violenza degli Ortodossi» dice Shmuel, esperto di hi-tech che vive a Ra’anana. Sulla stessa linea anche Izhak, di Gerusalemme: «Ero d’accordo con gli ortodossi sul fatto che la manifestazione non andasse fatta a Gerusalemme, ma quando hanno cominciato a scatenare i disordini sono passati dalla parte del torto. Proprio per questo ora penso che la parata si debba tenere: chi usa la violenza ha sempre torto».
Dopo la decisione della Corte Suprema dello Stato d’Israele, secondo la quale non sussistono ostacoli legali allo svolgimento della manifestazione, la Suprema Corte rabbinica degli ultra-ortodossi, Edah Haredit, ha fatto sapere che potrebbe ricorrere a una “pulsa d’nura”, antico rito kabbalistico con il quale si invoca la morte dei peccatori. Oggetto del rito, che i rabbini potrebbero attuare prima della parata, saranno gli organizzatori dell’evento e forse anche i poliziotti, come ha spiegato alla radio militare il rabbino Shmuel Papenheim.
«Sono molto spaventata perché questa manifestazione sta sollevando forti reazioni emotive nella gente» spiega Maya, scrittrice e studiosa di psicologia a Tel Aviv. «La gente è intimidita, intravedo parecchio potenziale per un conflitto. Sono per il diritto della Gay Parade di esistere. Per me non ha importanza che lo facciano a Gerusalemme. Inoltre so che anche i gay di Gerusalemme vogliono avere una forma di riconoscimento e penso ne abbiano diritto». Di tutt’altro avviso Naomi, che vive ad Haifa e si occupa di valutazioni di terreni ed immobili insieme al marito: «Noi pensiamo che non c’è bisogno di esibizionismi e dimostrazioni pubbliche, la vita privata di ciascuno resti tale». Anche per Ron, investment banker a Tel Aviv, «non dovrebbero farla a Gerusalemme» perché «devono rispettare le persone».
Inevitabilmente l’idea di fare il Gay Pride a Gerusalemme crea divisioni e scalda gli animi. Lo scorso anno ci fu un tentativo di organizzare l’evento per il mese di agosto, ma fu annullato perché avrebbe coinciso con il ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza: la polizia non avrebbe dato il permesso allo svolgimento della parata. Anche in quel caso la prevista manifestazione era riuscita a unire in un unico fronte d’opposizione ebrei, cristiani e musulmani. Il movimento che rappresenta i gay in Israele decise poi di tenere lo stesso una manifestazione a livello nazionale, nel corso della quale però un giovane ultra-ortodosso armato di coltello riuscì a ferire tre persone. Quest’anno la tensione è ancora più palpabile. Salvo cambiamenti o sorprese, la Gay Parade dovrebbe aver luogo domani, venerdì, a partire dalle 11.