Roma - Dopo un acceso dibattito, durato circa due giorni, è stato approvato all’unanimità dal plenum del Consiglio superiore della magistratura il documento sugli effetti dell’indulto nel sistema giudiziario. Il parere era stato redatto a approvato dalla sesta e settima Commissione di Palazzo dei Marescialli. Nel documento si evidenzia come l’80 per cento dei processi nell’arco dei prossimi cinque anni sia destinato a finire nel nulla, ossia con sentenze non eseguibili per effetto dell’indulto. I consiglieri del Csm, inoltre, sottolineano che il consiglio della magistratura non può chiedere ai capi degli uffici giudiziari di metterli da parte, cioè di privilegiare la trattazione dei processi che invece non cadono sotto la scure del condono delle pene, perchè un’iniziativa del genere non rientra tra i suoi poteri. Infine, punto cruciale della bozza di risoluzione che verrà presentata a breve al ministro della Giustizia Clemente Mastella, la sottolineatura che in passato ben 17 indulti sono stati accompagnati da un provvedimento di amnistia.
Dopo l’indulto, dunque, l’amnistia? Per i magistrati può essere l’unico vero rimedio per evitare processi inutili. Ma se sull’indulto le polemiche si sprecano dallo scorso agosto, da quando cioè il Governo approvò il provvedimento, sull’amnistia il clima è ancora “tiepido”. Il tema non sbarca ancora in Parlamento e quindi non investe in pieno l’opinione pubblica. C’è perfino chi ancora fà confusione sui due “istituti” giuridici. E allora, ad onor di chiarezza, è il caso di ricordare che, mentre l’amnistia estingue il reato, l’indulto estingue solo la pena: quest’ultimo perciò non comporta una sentenza di assoluzione.
«Sul piano tecnico non vedo altra via per rimediare che un’amnistia. Un provvedimento selettivo, e non un indiscriminato colpo di spugna, che escluda dal suo ambito i più gravi reati economici, i fatti di corruzione e i reati che colpiscono interessi collettivi per i quali l’accertamento del giudice penale resta comunque indispensabile». E’ quanto afferma il segretario dell’Associazione nazionale magistrati, Nello Rossi, intervenendo sul dibattito apertosi riguardo l’indulto. Quanto all’ipotesi di ordinare ai giudici di fare prima i processi non coperti da indulto, Rossi spiega: «Il Csm ha già risposto. Senza un intervento delle legislature il danno potrà essere solo “ridotto” attraverso attente scelte di natura organizzativa compiute dai capi degli uffici, scelte certamente utili ma di per sè non risolutive».
Nicola Mancino, vicepresidente del Csm preisa:«Non vogliamo passare come quelli che sollecitano l’amnistia. Non l’abbiamo mai invocata, ma abbiamo preso atto che nella storia repubblicana ben 17 indulti sono stati accompagnati da un corrispondente provvedimento di amnistia. A buon intenditor poche parole. Sarà ora il Parlamento a pronunciarsi sulla nostra bozza di risoluzione». Mancino ha quindi sottolineato, «Come non competa al Csm indicare criteri di priorità dei processi, sottolineando che per via dell’obbligatorietà dell’azione penale ciò sarebbe anticostituzionale. Il documento - ha spiegato - è carico di preoccupazioni e non poteva essere diversamente. Abbiamo preso atto che la legge sull’indulto c’è e va applicata. Non compete a noi criticare nè proporre criteri. Non compete a noi che non siamo di certo la “terza camera”».
Il vicepresidente del Csm ha poi sottolineato come il documento sia stato lo spunto per «sentire la voce dei procuratori generali e dei presidenti delle Corti d’Appello dei vari uffici giudiziari italiani e sentire lo stato di sofferenza in cui versa la macchina giudiziaria». Mancino ha inoltre dichiarato la sua soddisfazione per «La convergenza che il Consiglio ha avuto come sempre su grandi temi come stavolta sull’indulto».
Decisamente contrario al documento approvato dal Csm, Giuseppe Consolo, capogruppo di An in Commissione Giustizia della Camera: « Un provvedimento identico all’amnistia - dice - è già in atto, e mi riferisco all’amnistione, vale a dire a quella amnistia strisciante dovuta lla prescrizione».
Conti alla mano, intanto, in seguito al provvedimento dell’indulo le scarcerazioni sono state 24.500 (rispetto alle 13 - 14mila previste), con 1.570 detenuti già ritornati in carcere dopo un nuovo crimine.
Gianni Cicolella
fonte meridiano