di Aragorn il 24 apr 2007, 10:32
ROMA - Dopo i congressi di Ds e Margherita e la nascita nei fatti del Partito democratico, la riforma della legge elettorale torna in primo piano. Parte martedì la raccolta delle firme per il referendum. La partita ora è fra pro-referendari e Parlamento. Il governo, infatti, si chiama fuori: il ministro Chiti ribadisce che l'esecutivo non ha intenzione di presentare alcun disegno di legge ad hoc. Il partito dei favorevoli alla consultazione da oggi sarà invece in campo ed avrà tre mesi per raccogliere 500mila firme per ciascuno dei tre quesiti. I primi banchetti partiranno in mattinata e avranno ospiti d'onore: ci sarà il leader di An Gianfranco Fini, ma anche il ministro della Difesa Arturo Parisi, che fa parte del comitato promotore. Così come metteranno la loro firma altri esponenti di opposizione e maggioranza, da Antonio Martino a Daniele Capezzone. Fermare il referendum è dunque ogni giorno più difficile, anche se Chiti non dispera: «Con una buona legge è ancora possibile, anche se non sicuro». D'altro canto, i referendari di fronte a un voto definitivo del Parlamento si sono detti pronti a mollare la presa. Necessario quindi premere sull'acceleratore, ma che si tratti di «un compito delicato, complesso, difficile» ne è consapevole anche il presidente della commissione Affari Costituzionale del Senato Enzo Bianco, che nei prossimi giorni fisserà la tabella di marcia dei lavori parlamentari.
I PICCOLI INSORGONO - Ma a guardare la levata di scudi dei partiti più piccoli del centrosinistra l'intesa certo non sembra a portata di mano. A generare i maldipancia è in particolare la proposta di una soglia di sbarramento graduale, che fra due legislature arrivi al 5%. Il ministro si difende e spiega che «non si tratta di una furbata» ed è invece «un modo per dire che la legge elettorale ha una connessione con l'evoluzione del sistema politico». No, poi, ai collegi uninominali, perché su questo non c'è convergenza, così come non è sul tavolo l'elezione diretta del presidente del Consiglio, spiega il ministro nella replica all'audizione in Senato. Lo sbarramento del 5% piace, invece, al leader di Forza Italia, perché, dice, «porterebbe fuori dal frazionamento politico». Che è poi la soglia prevista dal sistema tedesco, quello che avvantaggerebbe di più gli azzurri sempre secondo Silvio Berlusconi.
MASTELLA ALL'ATTACCO - «Sono pronto alla crisi se c'è chi vuole decapitarci» così, in un intervento per il Corriere Clemente Mastella, leader dell'Udeur, sintetizza il suo pensiero sulla situazione politica. Il ministro Guardasigilli punta il dito essenzialmente contro due fattori: la maggiore instabilità venutasi a creare attorno a Ds e Margherita dopo la fusione e le manovre sulla legge elettorale a danno dei piccoli partiti. «Per quanto mi riguarda - avverte Mastella - voglio ribadirlo con forza, qualora si verificasse il passaggio verso questa tentazione, per noi sarà crisi di governo, senza alcuna esitazione e senza alcun timore».
«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,
le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»