Chissà come avrebbe commentato Alessandro Sortino, inviato delle Iene, se invece che l’intervistato fosse stato l’intervistatore; chissà che chiosa sarcastica avrebbe tirato fuori se fosse stata una delle sue prede a dargli la risposta che lui stesso ha opposto a Lorenzo Salvia, giornalista del Corriere della Sera. Salvia lo ha sentito a proposito dello scontro con il figlio di Clemente Mastella, Elio: alla domanda del cronista se suo padre lo avesse mai aiutato, Sortino non ha trovato di meglio che screditare la domanda, pur di non rispondere ed evitare così di confrontarsi con il suo interlocutore come le sue vittime fanno con lui, da accusato ad accusatore. Una domanda illegittima, sostiene Sortino, quella sulla possibilità che Sortino senior – pezzo grosso della Fieg prima e dell’Autorità delle Comunicazioni poi – abbia giocato un qualche ruolo nella sua carriera da giornalista.
Non gli è neppure passato per la mente, a Sortino, che potesse essere la sua risposta ad essere illegittima: nel senso elementare della parola, al di fuori delle leggi, delle regole del gioco - le stesse, peraltro, che proprio la Iena aveva appena definito, ma che evidentemente ha ritenuto valere solo per altrui, non per sé.
Se fosse solo un piccolo caso mediatico (che pure, c’è da giurarci, con l’aria che tira non cesserà di far discutere), saremmo a cavallo; ma la reazione di Sortino è sintomo di un male più profondo.
Nelle sue parole riecheggia la stessa teoria della doppia morale che anima le malefatte del giustizialismo di cui abbiamo in questi giorni a dolerci; non soltanto quello della magistratura politicizzata, ma anche e soprattutto quello della stampa dalla schiena cosiddetta dritta, che la magistratura fomenta, foraggia, supporta nella sua sistematica demolizione della democrazia.
Quale modo migliore esiste, infatti, per mettere questa democrazia in pericolo, se non adottare in maniera sistematica, all’ennesimo grado, la strategia esemplificata dalla Iena: quella di ritenere le regole valide solo per gli altri? Giudici e giornalisti si fanno forti dello stesso moralismo qualunquista - buono a gloriarsi di menar fendenti contro bersagli fin troppo facili, ma mai capace di autoregolarsi - che decreta il successo di trasmissioni come quella cui Sortino presta il volto.
Nonostante anche per queste anime belle vengano occasionalmente alla luce gli altarini, il vizio dell’”animabellismo” è duro a morire, specialmente in certa TV che ne ha fatto il proprio pane quotidiano. E’ la cifra di trasmissioni come “Le Iene” o “Striscia la Notizia”, animate da inviati speciali nel cosiddetto malcostume nazionale, portavoce dei mille piccoli risentimenti del cittadino medio, che di fronte a telecamere apparentemente obiettive esplodono come un fiume in piena.
Di norma, i figuri che denunciano sprechi, disservizi e privilegi si proclamano volutamente estranei alla deontologia giornalistica, facendo dell’onnipresente diritto di satira il loro scudo contro ogni possibile obiezione di scarsa professionalità. Tra i due programmi, tuttavia, esiste una impercettibile e fondamentale differenza: gli inviati di Antonio Ricci sono realmente intoccabili. Impossibile contestarli o screditarli, non solo per la faccia di tolla che li contraddistingue, ma soprattutto perché si pongono al di sotto di ogni sospetto, tanto sono sgangherati, autoironici fino alla ridicolizzazione, tutti con qualche neo personale più o meno esplicito, che abbassa il livello delle aspettative fino a sottrarli a ogni critica (lo stesso Ricci li ha accuratamente selezionati all’uopo).
Le Iene, al contrario, ridono meno di sé, e avanzano qualche pretesa in più; qualcuna di troppo, pare, tanto da essere diventate loro stesse oggetto di dileggio da parte dei comici di Zelig.
E così è bastato un Elio Mastella qualunque che - anziché farsi saltare i nervi come è accaduto a tanti - ha risposto pan per focaccia, per dimostrare davanti a tutta Italia che anche le Iene piangono.