di NICOLÒ ZANON (Costituzionalista)
Giudicando ammissibili i quesiti referendari proposti da Segni e Guzzetta, la Corte costituzionale ha segnalato al Parlamento, in tre righe, l'esigenza di considerare gli aspetti problematici di una legge elettorale che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o seggi.
Questa segnalazione vale sia per la legge elettorale vigente, sia per quella che uscirebbe dall'eventuale vittoria del "sì" al referendum. La Corte vuol dire che suscita perplessità un sistema elettorale in cui a una lista singola o a una coalizione di liste è attribuito ex lege il 55% dei seggi, a prescindere dalla percentuale di voti ottenuta, che in teoria può anche essere piuttosto bassa. Per intenderci: arrivare primi alle elezioni con il 25% dei voti e ritrovarsi con il 55% dei seggi, produrrebbe un effetto di eccessiva distorsione nella rappresentatività del Parlamento.
Queste tre righe della sentenza fanno ora la delizia degli avversari del voto anticipato immediato. Essi sostengono che se si andasse a votare con la legge vigente (o con quella che uscirebbe dal referendum) ci troveremmo di fronte a Camere elette in base a regole sulle quali grava un pesante sospetto di legittimità costituzionale: a un Parlamento, insomma, delegittimato in partenza. Ne consegue, questo è l'obiettivo, che non bisogna sciogliere le Camere se non dopo aver cambiato la legge elettorale.
Noto per inciso che questo argomento, se valido, impallina anche l'ipotesi dalemiana di fare prima il referendum e poi le elezioni, perché coinvolge nel giudizio negativo anche la normativa che uscirebbe dalla vittoria dei referendari nella consultazione popolare.
Ma, al di là di ciò, è la radicalità della tesi che la rende insostenibile. Non intendo affatto sottovalutare la questione che la Corte pone. Osservo però (chiedendo venia degli inevitabili tecnicismi).
1. Se la Corte avesse davvero ritenuto che l'attribuzione del premio di maggioranza al vincente (senza fissazione di una soglia minima di voti o seggi) comporta un pregiudizio intollerabile ai principi costituzionali, avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il quesito referendario (c'è almeno un precedente chiarissimo). Non solo, ma avrebbe dovuto anche porre a sé stessa la questione di costituzionalità della legge elettorale vigente.
Se non ha fatto né l'una cosa né l'altra, è perché ha ritenuto che, pur foriero di problemi, il tipo di premio previsto dal "porcellum" non ha effetti così disastrosi. È semmai uno di quegli aspetti sui quali è bene che il legislatore futuro intervenga. Ma da qui a sostenere che le Camere elette con questo sistema sarebbero delegittimate ne corre assai.
2. Un effetto distorsivo piuttosto serio esiste nei sistemi elettoral maggioritari delle più grandi de mocrazie europee, quelle cui spesso ci rivolgiamo in cerca di modelli. Qualche dato: in Inghilterra, allt elezioni del 2005 il Labour Party con il 35,2% dei voti ha ottenuto i 55,2% dei seggi alla Camera de: Comuni.
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Lo stesso partito, alle elezion del 2001, con il 40,7% dei voti ottenne addirittura il 62,7% dei seggi. In Francia, stessa musica: alle elezioni del 2007 l'Ump di Sarkozy, con il 39,5% dei voti, ha ottenuto il 54,2% dei seggi all'Assemblea nazionale. A quelle del 2002, lo stesso partito, con il 33,3% dei voti, ottenne il 61,9% dei seggi. Si sosterrebbe seriamente che anche i Parlamenti inglese o francese sono delegittimati?
3.1 sistemi elettorali si rivolgono a soggetti dotati di razionalità. Se si sa che il premio viene dato al soggetto che ottiene più voti (coalizione o lista singola), ciò, da una parte, induce i partiti a coalizzarsi, a meno che un partito ritenga di essere così forte da potersi presentare da solo e arrivare primo (oggi si chiamerebbe partito "a vocazione maggioritaria"). Dall'altra, induce l'elettore a un voto utile, scegliendo la coalizione o la lista che ha
una certa probabilità di vincere, al limite quella meno lontana dalle sue idee. Due effetti che difficilmente, in pratica, danno la vittoria a una coalizione o a una lista singola con pochi voti in percentuale.
Ciò detto, i maggiori difetti del "porcellum" li conosciamo. Un premio di maggioranza al Senato assegnato su base regionale, in virtù di una discutìbilissima interpretazione della Costituzione sostenuta dall'allora capo dello Stato Ciampi. E un premio di maggioranza assegnato tenendo conto anche dell'apporto in voti delle liste della coalizione che non abbiano superato la soglia di sbarra-
mento (ciò che obbliga le coalizioni a imbarcare chiunciue). Come proponevano fior di politologi, questi due difetti potevano essere corretti in fretta.
Nonio si è fatto. Il rimedio, per il momento, non può che essere politico: o corrono da soli i due più grandi partiti, e si contendono da soli il premio, o fanno patti chiarissimi con i partiti più piccoli che accettano di coalizzarsi con loro, per evitare di essere ricattati dopo le elezioni.
Ma non si dica che il risultato delle elezioni sarebbero Camere delegittimate in partenza.
* Ordinario di Diritto costituzionale università di Milano