Ma quale paradiso rastafari, oasi di pace, sesso libero e droga per tutti. La Giamaica, l'isola caraibica meta di pellegrinaggio per i fan del reggae, non solo ha appena reintrodotto la pena di morte, ma è tutt'altro che un esempio di tolleranza. La religione rastafari, predominante nell'isola, discrimina gli omosessuali, è maschilista e razzista verso i bianchi. E la droga non è affatto "libera", al contrario di quanto possano pensare i frea-kettoni nostrani.
Il Parlamento della Giamaica ha deciso, dopo un ampio dibattito, di mantenere la pena di morte per i reati particolarmente gravi. Nove detenuti sono già in attesa di essere giustiziati. Si spera così di arginare la criminalità che affligge ilPaese.Sono 143 gli omicidi avvenuti nel mese di ottobre, dieci più che in settembre. Quest'anno vi sono stati 1.240 omicidi, l'anno scorso 1.400. Un dato inquietante per un'isola che conta solo 3 milioni di abitanti. La pena di morte fu applicata l'ultima volta in Giamaica nel 1988.
ONDATA GIUSTIZIALISTA
Sembra chel'ondatagiustiziali-sta sia stata provocata proprio da questa escalation del crimine, che non solo creainsicurezzafralapo-polazione, ma mette anche a rischio l'industria turistica. Il sito "viaggiare sicuri" del nostro ministero degli Esteri sconsiglia di passeggiare, anche di giorno, per la capitale Kingston e di uscire dagli hotel, non accompagnati da guide locali. «Al di fuori dei complessi alberghieri si è spesso esposti, soprattutto durante le ore notturne, a sgradevoli inconvenienti quali scippi, furti vari a mano armata e, in alcuni casi, violenze fisiche», avverte la Farnesina.
Nei mesi scorsi sono stati proprio i giamaicani a chiedere a gran voce l'impiccagione per chi si macchia dei reati di sangue più gravi. Persino il clero è sceso in piazza in favore della reintroduzione della pena di morte. Ha creato particolare clamore il caso della ragazza trovata decapitata e dell'undicenne il cui corpo smembrato è stato rinvenuto in una discarica. Il Paese, anche a causa della crisi economica, rischia di precipitare in una situazione simile a quella della vicina Haiti, dovel'unicalegge in vigore è quella del machete.
Sostenitore della pena capitale il partito laburista locale, che quando è giunto al potere 15 mesi fa l'ha inserito fra i primi punti del programma di governo. La Camera dei Rappresentanti di Kingston ha decretato ieri, con 34 voti a favore, 15 contrari e 10 astenuti, il mantenimento della pena di morte. Il primo ministro Bruce Golding in particolare ha sostenuto con forza la misura, nel tentativo di arginare l'aumento della criminalità, che pone la Giamaica fra i Paesi più a rischio insieme ad altre realtà sudamericane come il Venezuela e la Colombia.
Il leader dell'opposizione, D.K. Duncan, però è scettico: teme che la legge del taglione non sia un de -terrente ma porti soltanto più violenza, come negli anni Settanta quando il governo autorizzò la pò -lizia ad entrare nelle case senza mandato di perquisizione. «L'unico risultato ottenuto», ha osservato Duncan, «è stato quello di permettere agli agenti di sbattere giù le porte, spaventare i bambini e distruggere la vita della gente. Ha sviluppato una cultura della brutalità, che ci ha condotto alla situazione attuale». Sarebbe meglio, sostiene l'opposizione, investire sulla riforma del sistema giudiziario e sulla lotta alla povertà, invece di riporre le proprie speranze nel boia di Stato.
Pena di morte e poliziotti dalla mano pesante a parte, la Giamaica non è certo un eldorado per i fautori della liberalizzazione delle droghe leggere. Chi pensa che qui si possano trovare i rasta che, fra uno spinello e l'altro, danzano al ritmo dei classici del reggae alla Bob Marley, si sbaglia. In base alla legislazione vigente nell'isola in materia di droghe (tra cui vi sono la cannabis e i suoi derivati), è illegale non soltanto la coltivazione, ma anche il consumo. Chi viene beccato dalla polizia con uno spinello rischia una multa salata, l'espulsione immediata e in alcuni casi anche il carcere. Per i locali sono previsti dai 5 ai 15 anni di lavori forzati.
NIENTE OMOSESSUALI
Per quanto riguarda l'omosessualità nessuno meglio della star reggae George Bailey, in arte Ca-pleton, ha spiegato qual è il punto di vista dei rastafari, la denominazione cristiana maggioritaria in Giamaica. Basti pensare a "Bum out de chichi" ("Bruciate il finocchio") o "Ali battimen hafi dead" ("Tutti i gay a morte") o ancora "Yuh nuh want nuli gal, yuh head a roll don de Street" ("Non vi vanno le ragazze? La vostra testa rotolerà sulla strada"). Un altro cantante reggae giamaicano, Sizzla Kalonji, è persino più esplicito. Canta: «Date fuoco agli uomini che fanno sesso con altri uomini». E ancora: «Vado e sparo ai finocchi con un'arma». Ovviamente lo Stato giamaicano rispecchia questo sentimento rasta e punisce l'omo-sessualità come un crimine da codice penale. Peri sodomiti è prevista la reclusione fino a 10 anni. Neil 'isola caraibica spesso uomini e donne vengono aggrediti, pesta-fi, bruciati, violentati e uccisi a causa della loro omosessualità, reale o presunta.
CAMPANILISTI
Inutile stupirsi. Al contrario di quanto pensano i compagni rasta nostrani che sfoggiano i dreadbcks alla moda nei cortei no global e di protesta, la cultura rasta è cam-paninilista, se non razzista, omo-foba e maschilista. I rasta autentici odiano chi, come i ragazzi europei malati di terzomondismo, vuole appropriarsi della loro cultura e religione senza appartenere alla razza africana. Disprezzanopersi-no chi, come Bob Marley, ha commercializzato il messaggio rastafari e lo ha diffuso fra i "diavoli" bianchi.