ROMA (19 febbraio) - «Meno uno... Ora l’altro». Questura di Roma, le 3,46 del mattino, ieri. Una mail nel cuore della notte ha annunciato che la caccia senza quartiere ai violentatori romeni della Caffarella era alla volata finale. Vittorio Rizzi, capo della Squadra Mobile, aveva appena ottenuto la confessione di Alexandru Loyos Isztoika, 19 anni, sotto torchio dalla sera prima, e stava anticipando ai suoi via computer che l’alba avrebbe portato altre buone notizie a una città scossa dallo stupro di San Valentino. Una dozzina di uomini erano già stati lanciati da un paio d’ore sulle tracce di Karol Racz, 36, l’altra belva del giorno degli innamorati, e non restava che battere il tempo. Isztoika, il “biondino” dagli occhi blu, aveva cantato. «Vuole andare in Spagna, conosce zingari in Toscana, parlava di traghetti...». Alle cinque, prima che facesse giorno, Rizzi poteva mandare la mail del colpo di grazia. «Preso. A Livorno».
La lunga notte in via di San Vitale, la strada vicino a via Nazionale dove c’è la Questura di Roma, è stata, oltre che un rincorrersi di ordini e di ammissioni, di auto che uscivano a tutta velocità e di telefonate convulse, un viaggio nell’orrore del crimine. Isztoika, il “biondino” espulso dall’Italia rimesso in circolazione da un giudice di Bologna, è stato fermato martedì sera mentre tentava di prendere un treno alla stazione “Monte Mario” della Roma-Viterbo. Qualche ora dopo, alla 4,03 del mattino, firmava il verbale di confessione. «La ragazza... a più riprese, a turno... ha dovuto subire penetrazione...».
Al “biondino” è stato chiesto, esterrefatti, perché si fosse arrivati a tanto. «Non so come è successo ha provato a balbettare davanti al capo della Mobile volevamo solo rapinarli. Poi improvvisamente tutto è cambiato. Boh, che ne so? Per dispetto...».
Espressione che potrebbe «rivelare nell’atto», secondo gli inquirenti, «quasi una volontà di sfregio»: non solo la soddisfazione di una voglia animalesca, ma, appunto, un dispetto, una rivalsa contro chi magari resiste a una rapina o appartiene a un mondo diverso e più rutilante del proprio.
La cattura di Racz e Isztoika, entrambi di Fagaras (Transilvania), entrambi di origini ungheresi, è stata il frutto del lavoro spalla a spalla tra la polizia italiana e quella romena. Non a caso il Questore di Roma, Giuseppe Caruso, annunciando gli arresti alla stampa ieri mattina, era affiancato non solo da Rizzi ma anche da Marian Mandroc, capo dei poliziotti di Bucarest in missione in Italia. «C’è stata collaborazione totale ha detto Caruso visibilmente soddisfatto C’era il timore che i due scappassero. Ma non potevano andare da nessuna parte. I loro domicili, in Romania, erano controllati».
Il Capo della Polizia, Antonio Manganelli, ha telefonato al suo omologo a Bucarest, Petre Toba, e «lo ha ringraziato a nome del Ministro dell’Interno Maroni». Il lavoro di supporto della Politia Romana ha anche chiarito uno dei gialli della vicenda. Uno dei sospettati era in effetti un immigrato romeno con una mano senza quattro dita. «Ma abbiamo assunto informazioni ha detto Mandroc e aveva un alibi. Sabato scorso non poteva essere in Italia, perché era in Romania».
I due da ieri pomeriggio, accusati di rapina e violenza sessuale, sono nel carcere di Regina Coeli. Karol Racz, bassetto, carnagione scura, naso schiacciato da pugile, non ha confessato. Eppure avrebbe preso parte anche allo stupro subito da una fruttivendola al Quartaccio, nella periferia nord-ovest di Roma, il 21 gennaio scorso. Vedendolo in foto, la vittima, quarantadue anni, convocata ieri in Questura, ha confermato: «Lo riconosco: è lui». Non è chiaro se già quel giorno ci fosse anche Isztoika. Lo dirà, forse, il test del Dna. La questione Caffarella, invece, pare chiusa. La ragazzina di quattordici anni stuprata e straziata nel giorno di San Valentino nel parco tra l’Appia Antica e l’Ardeatina ha riconosciuto i due «senza ombra di dubbio». I fotokit che aveva “costruito” tra sabato e domenica insieme agli agenti della Polizia Scientifica sono tremendamente somiglianti alle facce dei banditi in carne e ossa.
La scongiurata fuga archivia quattro giorni vissuti dalla Questura di Roma con i nervi a fior di pelle. È inutile non dirlo: c’era il timore che almeno uno dei romeni, Racz, il più smaliziato, riuscisse a fuggire in Spagna e che di lì volesse aggirare le Alpi, rientrare in Romania e sconfinare nelle “terre di nessuno” della Moldavia. I due romeni, attentissimi a non usare i telefonini rubati ai fidanzatini di San Valentino, non hanno offerto tracce elettroniche a chi li braccava. Se l’avessero fatta franca, sarebbe stato inevitabile, per la polizia, l’eterno raffronto a distanza con i carabinieri che pochi giorni fa hanno catturato gli stupratori di Guidonia. Ma Rizzi, il brizzolato Capo della Mobile, tipo di poche parole, ieri scivolava nei corridoi della Questura con il sorriso sulle labbra. Il bosco della Caffarella, per ora, è libero. La caccia è andata bene.