Come semplice cittadino italiano vorrei ora chiedergli come mai al parlamento ci siano elementi condannati in via definitiva. Se non è dittatura quella (come l'ha definita? Ecco...) quale sarebbe? Non guardo al colore politico, ma alle scempiaggini che tirano fuori (come in questo caso). La politica sino ad oggi ha diviso la nazione e dunque arriva lui a dire che è sana? Da quando? Ancora oggi l'arresto di un Consigliere in Campania...e non è finita...
«La mafia è una dittatura» - Gianfranco Fini incita i giovani di Bagheria alla ribellione nei confronti della malavita organizzata, sostenendo che la politica a Roma non è connivente e che ad essa spetta garantire «trasparenza e forza dell'esempio». Belle parole: anche veritiere?
30 marzo 2009 - 12:32
«La mafia è una dittatura»
Gianfranco Fini incita i giovani di Bagheria alla ribellione nei confronti della malavita organizzata, sostenendo che la politica a Roma non è connivente e che ad essa spetta garantire «trasparenza e forza dell'esempio». Belle parole: anche veritiere?
di Lorenza Provenzano
Indietro tutta: se avete sempre creduto che le organizzazioni criminali fossero da sempre infiltrate nelle istituzioni, archiviate queste convinzioni passatiste. Cosa Nostra, che da sola fattura 100-150 miliardi di euro l'anno, stima pari al 7% del Pil nazionale, non ha addentellati politici. Non a Roma, quantomeno, non alla Camera dei deputati. E' quanto ha sostenuto Gianfranco Fini nel corso di un discorso tenuto a Bagheria, alla cerimonia conclusiva dell'anno accademico del Parlamento della Legalità.
«Non ci sono mafiosi alla Camera, non ci sono coloro che la difendono, non ci sono coloro che hanno compiacenze» ha detto il Presidente della Camera ai giovani intervenuti, garantendo loro l'impegno «di tutti i 630 deputati della Camera» (maggioranza e opposizione, quindi) affinché sia debellata quella che, secondo Fini, si configura come un'autentica «dittatura che può togliere la vita, la libertà, e può cancellare la dignità delle persone e dei popoli. Come si fa contro le dittature - ha proseguito Fini -, bisogna ribellarsi contro la mafia. Contro le dittature si usano le armi, contro la mafia le armi sono la legalità e il rispetto delle leggi».
E alla ribellione sono chiamati in primo luogo proprio i giovani (per lo più disoccupati) siciliani, la cuidenuncia ha molto più valore di quella mossa da un uomo delle istituzioni, perché, ha detto loro Fini: «Siete voi che tante volte insegnate qualcosa a noi. Speriamo di essere alla vostra altezza». E insomma, la politica - almeno fuori dai confini della Sicilia - è vergine, ma certo «C'è ancora da fare. Se non vogliamo che ci siano legami con la mafia, chi rappresenta il popolo, la politica, deve garantire trasparenza e la forza dell'esempio e del comportamento».
E cosa possono fare intanto i giovani studenti dell'isola per sottrarsi al giogo mafioso? «Non votare chi vi dice dammi il voto e poi io ti do un posto di lavoro - suggerisce Fini -. È questo il comportamento che ha portato capi mandamento e boss a dire ci pensiamo noi». Dire di no, in soldoni, al sindaco che, putacaso, raccoglie curricula e generalità dei giovani disoccupati della città che amministra offrendo loro un posto in un call center dietro il tacito patto di partecipare numerosi a eventuali convention locali di partito e poi, nell'urna...
Chissà, forse davvero le denunce di giovani squattrinati possono avere più peso di quelle di un Ingroia qualsiasi il quale, dopo aver avvertito gli amministratori lombardi che la longa manus della mafia avrebbe voluto (e potuto) agguantare buona parte del prezioso "bottino" dell'Expò, ne ha suscitato la reazione risentita. Il leghista Castelli ha definito quelle del sostituto procuratore di Palermo «parole offensive», mentre il presidente della regione Formigoni ha replicato: «Ci sembra che Ingroia non dimostri una sufficiente conoscenza della realtà delle istituzioni lombarde né del loro costante e forte impegno contro ogni forma di illegalità».
Tutti candidi come agnellini. Del resto il sindaco di Salemi Vittorio Sgarbi aveva dichiarato qualche tempo fa: «La mafia non c'è a Salemi, non c'è a Trapani, non c'è in Sicilia, ci sono i mafiosi, ma l'organizzazione è stata debellata dalle forze dell'ordine con il loro incessante lavoro che ha portato agli arresti eclatanti, come quello di Reina, Provenzano, Lo Piccolo: la mafia è stata battuta dallo Stato» (salvo poi, a seguito delle indagini della magistratura trapanese, sganciarsi dal chiacchierato rapporto col leader dell’Udc trapanese Pino Giammarinaro). La mafia, insomma, prospera solo nei film mentre, nella realtà, sarebbe prossima alla sconfitta definitiva, sconfitta alla quale le istituzioni collaborano compatte. Sarà proprio così?
http://dilatua.libero.it/attualita/la-mafia-e-una-dittatura-bl8262.phtml