Le indiscrezioni che trapelano dai corridoi dell’Unione in queste ore frenetiche di caccia alle poltrone, confermano i presagi più severi circa la politica economica del governo rosso. L’ultima novità è una frustata sulle già provate gengive dei consumatori: aumentare l’Iva, l’imposta sul valore aggiunto di beni e servizi, almeno di due punti percentuali. E farlo sull’aliquota ordinaria, quella al 20%, che da sola copre tra il 65 e il 70% degli incassi per l’erario derivato dall’Iva. Proprio come ha fatto pochi mesi fa la collega tedesca Angela Merkel, portando la tassa dal 16 al 19%. Un punto sotto il 20%, dunque, da dove invece il professore vorrebbe partire per la sua corsa ai rincari. Già, perchè un ritocco verso l’alto dell’Iva avrebbe ripercussioni immediate su un doppio versante: da un lato l’aumento del costo della vita per il consumatore medio e per le fasce più deboli, non certo per il libero professionista, che l’Iva è abituato a scaricarla ogni tre mesi. Dall’altro il rischio di favorire l’evasione fiscale, incentivando l’immersione nel nero del profitto. Inflazione e illegalità, dunque. Eppure è di questo che si parla, magari ancora a bassa voce, intorno alla sede romana dell’Unione, in piazza Santi Apostoli.
«Prima ancora di insediarsi Prodi annuncia l’aumento dell’aliquota Iva del 2%. - spiega Adriana Poli Bortone, sindaco di Lecce, eurodeputato, vicepresidente vicario dell’Anci e coordinatore di An in Puglia - E’ noto che in Italia sono in vigore 3 aliquote Iva, sicchè con questo aumento si passerebbe dal 4% al 6% per l’abitazione con requisiti prima casa, dal 10% al 12% per cessione di alimenti o per l’abitazione senza requisiti 'prima casà, addirittura dal 20% al 22% come aliquota ordinaria, la più alta d’Europa».