di Aragorn il 14 dic 2005, 14:42
cmq tornando al caso di canio vi posto un articolo che condivido al 200%
Come volevasi dimostrare: Paolo Di Canio è finito sotto inchiesta. Il calcio, quello ufficiale, quello rappresentato dalla Federazione, ha trovato il cattivo, il fascistaccio da punire, l'atleta che istiga alla violenza. Cosa ha fatto Di Ganio lo sappiamo tutti: ha alzato la mano al cieIo. Saluto romano. E per questo il Procuratore Federale -che nome pomposo per un signore che si preoccupa per una mano alzata - ha chiesto all'Ufficio Indagini della Federazione, citiamo dal comunicato diffuso ieri pomeriggio, «di svolgere tutti i più opportuni accertamenti in ordine al comportamento tenuto dal calciatore della S.S. Lazio spa Paolo Di Ganio in occasione della gara Livorno-Lazio del-l'il dicembre 2005 nonché relativamente alle dichiarazioni rilasciate dallo stesso calciatore».
Gesù, come siprende sul serio questa Federazione di un calcio illuminato a giorno dai razzi sparati ad altezza d'uomo, infangato dagli intrallazzi e dai bilanci truccati, insozzato dalle scommesse, ridicolizzato dai presidenti e d'improvviso ridiventato giusto e corretto di fronte ad un giocatore che forse ha sbagliato e che sicuramente non ha fatto altro che esprimere solo la propria idea.
Di Canio la pensa così. In casa ha un busto di Mussolini, su un braccio il tatuaggio di un'aquila, sull'altro la scritta "Dux". Che doveva fare? Salutare col pugno chiuso, inneggiare al Che, raccontarci quant'è bravo Fidel Castro? E quanti anni di carcere vogliamo dargli? L'ergastolo? Una trentina senza attenuanti? E perché l'Alta Corte dei Soloni del Calcio non dice anche qualche altra cosa?
Livorno: inutile sottolineare che la piazza è un po' particolare, e molto rossa. Delio Rossi, allenatore della Lazio, ha raccontato la domenica di normale follia calcistico-politica: «Siamo rimasti confinati in albergo, non potevamo uscire neppure per andare al centro commerciale che è a tre metri di distanza. Quando siamo arrivati allo stadio siamo stati colpiti da un bengala. Quando è cominciata la partita un giocatore avversario ha calpestato Di Ganio...». Il resto ve lo raccontiamo noi.
Dopo il razzo, i cori: «Di Canio come Mussolini», «Di Canio a Piazzale Loreto», «Di Canio a testa in giù». Poi la mamma di Di Canio, la moglie e forse la sorella. Alla fine Di Canio esce dal campo e alza il braccio nel saluto romano. E vogliamo condannarlo? Un giocatore così meriterebbe un encomio. Ha sbagliato, nessun dubbio. Ha esagerato, com'è nella sua natura. Ma ammettiamolo: senza uccidere nessuno, senza spezzare gambe, senza scommettere clandestinamente, ha dimostrato che lui non se la fa sotto neppure di fronte a migliaia di tifosi tutt'altro che ben disposti. E smettiamola, una buona volta, anche con la storia della provocazione. Chi urla che vorrebbe impiccare Di Ganio, magari non assieme a Claretta ma in compagnia di Lotito, chi insulta in tribuna il presidente della Lazio, per sbagliare non ha bisogno di essere provocato. Permetteteci il gioco di parole: questi signori sono nati già provocati, e lo dimostrano ogni domenica, anche se la Federazione fa finta di non vedere.
Attenzione: non tutti i tifosi del Livorno esagerano, non tutti confondono lo stadio con un centro sociale. Ma possiamo negare che l almeno per alcuni non c'è molta differenza tra una gradinata e una sezione di Rifondazione comunista? Possiamo far finta di non vedere le bandiere dell'ex Unione Sovietica che sventolano quasi fossero quelle del Livorno? Possiamo non ascoltare i cori con tanto di ringraziamento ai miracoli del Che? E possiamo chiederci perché la Federazione ce l'ha col fascista Di Canio e non con il comunista Lucarelli e il suo pugno chiuso? Anzi, possiamo permetterci, sommessamente, di suggerire ai Sommi Giudici del Calcio finito nel ridicolo per cose ben più gravi di non esagerare con queste pagliacciate. In fin dei conti, si tratta dì mani e di pugni, e il Procuratore Federale e l'Ufficio Indagini, nonostante gli enfatici nomi, dovrebbero occuparsi solo di piedi. Se poi riuscissero anche a scoprire qualche vera magagna, qualche bibitone passato clandestinamente ad un giocatore , qualche siringa e pillola di troppo e pure qualche bilancio che puzza di falso, gliene saremmo infinitamente grati. Anche Di Canio, ne siamo convinti, sarebbe riconoscente, e forse per festeggiare si esibirebbe in un nuovo saluto romano. Nella speranza, ovviamente, che i Supremi Giudici dell'Altissima Corte capiscano che si tratta solo di un innocuo braccio alzato. Proprio un saluto romano che, sia detto per inciso, è nato un po' prima del fascismo e di quelle leggi che contemplano il reato di apologià del fascismo solo perché sono state fatte anche con la collaborazione di chi amava il pugno chiuso.
di MATTIAS MAINIERO
«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,
le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»