Parliamo di Italia e Risorse Energetiche

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Parliamo di Italia e Risorse Energetiche

Messaggiodi Aragorn il 03 gen 2006, 14:56

Probabilmente non staremo al freddo e al buio, anche se la vertenza fra la Russia e l'Ucraina si è complicata e l'invio di gas all'Europa occidentale da Gazprom si è ridotto di un quinto, cioè per noi di circa il 6 per cento del consumo totale.
I russi sostengono che gli ucraini hanno preso illecitamente il gas spettante all'Europa in cambio del blocco di fornitura della quota di loro competenza. Gli ucraini sostengono che la russia fa messa in scena per porli in cattiva luce. La vertenza è grave, ma circoscritta. L'effetto però è comunque costoso. Anche usare le scorte costa. E saliranno i prezzi di gas e petrolio all'origine, perché la canna la hanno i venditori, noi compratori dipendiamo da loro.
Nel caso dell'Italia ci sono le gravi responsabilità del centro sinistra, che ha gestito la politica energetica italiana dal 1996 in poi generando una anomalia. L'Italia è il paese europeo che usa più gas, 66 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio contro 80 di petrolio (un tempo ne consumavamo cento) in quanto l'Enel brucia, nelle sue centrali, gas naturale, anziché come altri carbone, che costa assai meno e si potrebbe gassificare, con procedimenti tecnologici adeguati. Importare carbóne implica operazioni nei porti che agli ambientalisti non piacciono. Il gas naturale, essendo un prodotto di buona qualità per i consumi finali, non una materia prima, non dovrebbe essere usato per produrre elettricità di base, ma solo per quella di punta, con impianti agili, che entrano in funzione quando la domanda è anomala (ad esempio in piena estate a causa dei condizionatori).
Ovviamente questo "ecologismo" si traduce in bollette più care. A questa lussuosa politica ambientalista, che solo negli ultimi anni l'Enel ha cercato di modificare, puntando sulle centrali a carbone, ma incontrando grossi ostacoli da par? te dei poteri regionali, si è aggiunta una ulteriore contraddizione. È il caso del blocco da parte di Niki Vendola, presidente della Regione Puglia del grande impianto di rigassificazione del gas liquido, in nome dell'ambientalismo. Ciò significa che non si riesce a importare gas liquefatto trasportato dalle metaniere: un prodotto ampiamente disponibile sul mercato internazionale, dato che il gas esce dai pozzi di petrolio in modo naturale.
Così mentre dipendiamo dal gas più di ogni altro paese, rimaniamo legati ai tubi, cioè a Russia, Algeria e Olanda, con i problemi di sicurezza che ora si vedono. Dovremmo sviluppare una politica energetica basata sul carbone, sul gas trasportato via mare (e quindi i rigassificatori) sul nucleare sicuro. Ora Prodi ha impostato la politica energetica del centro sinistra sul silenzio totale per il carbone, tema fondamentale per l'economicità della produzione elettrica dell'Enel e per l'autonomia energetica italiana. Così punta ancora eccessivamente sul gas, mentre in questo campo abbiamo toccato un livello massimo. Circa i rigassificatori dice che sono essenziali ma lascia alle Regioni il potere di decidere e il comunista Vendola in Puglia dice no. Poi dice che . del nucleare si potrà parlare fra venti anni. E invece dopo la lunga moratoria in cui si son potute studiare le soluzioni adatte, sarebbe ora possibile sviluppare una strategia di nucleare sicuro.
Consapevole delle lacune di questo programma, Prodi cerca di riempirlo con due puerilità come l'energia del vento e i pannelli solari. Che attualmente vengono sovvenzionati, in quanto anti economici e possono forse servire per produrre un due per cento della nostra energia. Ma è evidente che tutto ciò non basta. E che occorre anche dire un chiaro "no" "alla politica d'egoismo delle regioni (rosse) che attuano il principio "Nimby" : Not In My Back Yeard, non nel retro del mio giardino. Quanto a Prodi, che di fronte alla drammaticità della questione energetica si presenta con la soluzione dei pannelli solari e delle pale a vento, che dire? Ci viene in mente il "sole che ride".


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Messaggiodi thrantir il 03 gen 2006, 16:01

qualcuno esperto in materia, sa spiegare perche' non si prendono in considerazione centrali a fusione nucleare che hanno un impatto ambientale molto minore?
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Messaggiodi Ghost il 03 gen 2006, 16:24

thrantir ha scritto:qualcuno esperto in materia, sa spiegare perche' non si prendono in considerazione centrali a fusione nucleare che hanno un impatto ambientale molto minore?

perkè il nucleare nn ha impatto minore......e le scorie radioattive....o anche l'acqua ke va a raffreddare il circuito...dove la butti?
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Messaggiodi Aragorn il 03 gen 2006, 16:42

dany è un circuito chiuso l'acqua che entra nn esce


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Messaggiodi Aragorn il 03 gen 2006, 16:53

L’Italia sarebbe in grado di sorridere e non curarsi affatto delle dispute tra Ucraina e Russia per la cosiddetta “guerra del gas”; il nostro Paese potrebbe non temere la minaccia ventilata da Mosca di “chiudere i rubinetti” ai gasdotti. Già, perché nel sottosuolo dell’Alto Adriatico sono stati individuati da tempo quindici giganteschi giacimenti di metano purissimo, si stima che si potrebbero estrarre fino a 30 miliardi di metri cubi di gas naturale nell’arco di 25 anni. Una ricchezza immensa, insomma, in grado finalmente di affrancarci almeno in parte da una consolidata dipendenza energetica estremamente penalizzante dal punto di vista economico.
Eppure tale “miniera d’oro” non viene sfruttata, per l’opposizione di molti (sinistra “ecologista” in primis, ma non solo) che temono conseguenze ambientali negative per l’area costiera veneta e romagnola: preoccupazioni legittime, ma che Dario Fruscio, economista e consigliere d’amministrazione dell’eni, definisce «infondate, anzi risibili».
Professor Fruscio, come valuta la crisi in atto tra Ucraina e Russia? Come dovrebbe comportarsi il nostro Paese?
«Bisogna affrontare la questione in sede politica e in sede di relazioni industriali».
Ossia?
«Occorre una politica estera in campo energetico che dia frutti “sia quando piove, sia quando c’è il sole”, ossia non in funzione di eventuali rapporti di simpatia e amicizia personale tra Putin e certi nostri governanti, non mi piace fare nomi...».
...direi che s’è capito perfettamente.
«Comunque: in campo internazionale serve una politica industriale solida, e per essere tale deve basarsi su trattati multilaterali. Non ha importanza essere amico di Putin o dell’anti-Putin: bisogna far parte di alleanze tra Stati che prescindono da fattori immediati. Applichiamo questa logica all’Ucraina, per intenderci. Viktor Yushenko dovrebbe intrecciare intese così forti da spingere Putin a un discorso del genere: “Io avrei interesse a bisticciare con l’Ucraina, ma così facendo scatenerei una serie di ripercussioni di politica internazionale, e non me lo posso consentire”. Insomma: attraverso il trattato multilaterale ci si pone al riparo non solo dagli “sbalzi di umore”, ma anche dall’emergere di interessi conflittuali con i propri».
La “guerra” tra Ucraina e Russia potrà comportare problemi anche per il nostro Paese? Vi saranno ripercussioni economiche?
«Ritengo proprio di no, anche perché per fortuna la Russia non è l’unica nostra fonte di fornitura del metano. Comunque, anche a fronte di una eventuale diminuzione della quantità di gas che dovesse arrivarci dalla Russia, di sicuro non diremo a gazprom, quindi agli amici di Putin: “Venite direttamente a distribuire il vostro gas in Italia, perché non vogliamo avere freddo”. Giammai! Bisogna specificarlo a chiarissime lettere: nessuno pensi a un cedimento dell’eni, di snam rete gas - e io dico dell’Italia tutta - di fronte a gazprom».
Ma quella russa è un’importante quota del gas che giunge in Italia: il 24 per cento.
«Allora approfittiamo della crisi in corso per riconsiderare le direttrici di fornitura del gas, rivalutando quelle che avevamo un po’ trascurato nella convinzione che il fornitore russo ci garantisse appieno: penso all’Algeria, alla Libia, al mare del Nord. Soprattutto, è anche l’occasione per meditare sulle nostre riserve di gas metano nell’Alto Adriatico».
Se n’è discusso anche in passato. Ci rinfreschi la memoria...
«Abbiamo grandi giacimenti di metano, il più puro sulla faccia della terra. Non li sfruttiamo per il rischio di una fantomatica “subsidenza”, ossia l’inabissamento delle nostre coste adriatiche».
Beh, non è problema da poco...
«Dico solo che gli scienziati giapponesi, quando sentono queste teorie, ci ridono dietro. L’eni ha fatto miliardi e miliardi di investimenti, ora fermi, inutilizzati per colpa della demagogia popolar-politica diffusa in quelle zone, da Ravenna in su. Hanno vietato ogni estrazione, come se la subsidenza di Venezia fosse stata provocata... dal gas mai estratto! Bisogna far ragionare i nostri “ambientalisti”, chiamiamoli così».
Sono giacimenti molto vasti?
«Risolverebbero per almeno dieci anni i nostri problemi energetici».
A proposito di fonti energetiche “alternative” per il nostro Paese... Ecco il titolo de La Repubblica di oggi (ieri per chi legge, ndr): “Le scorte basteranno ma la soluzione è il nucleare”. È una dichiarazione sulla crisi Ucraina-Russia del ministro delle Attività Produttive, Claudio Scajola.
«Si parla di un ritorno all’energia atomica motivato dalle potenziali difficoltà che potrebbero derivare per il nostro Paese dal prolungarsi di un “braccio di ferro” tra Ucraina e Russia. Ecco: la cosa non sta né in cielo, né in terra».
Come mai?
«Primo, bisogna tenere conto di un chiarissimo responso popolare contrario all’atomo, per ribaltare il quale a mio avviso occorrerebbe interpellare nuovamente l’elettorato: non basta che il ministro Scajola di turno se ne esca con certe trovate... amene. Secondo: in qualsiasi caso, gli esperti sanno perfettamente che per tornare alla produzione di energia nucleare sarebbero necessari almeno 12-15 anni, quindi parlarne in relazione a un’emergenza immediata è perlomeno improprio».
Tra l’altro, il nostro Paese in questi decenni ha perso competenze, il know-how in materia, che pure era di alto livello. Un ostacolo ulteriore?
«Non è questo il problema. Certo, non si può pensare di fare produzione di energia nucleare con le conoscenze tecniche di allora ma la strada per ovviare a questo è la solita: è sufficiente andare da chi ha fatto più di noi in questi anni e comprare le licenze e i brevetti necessari. Ma la questione è un’altra: quella della installazione degli impianti. Poi ci sono anche moltissimi problemi amministrativi che vanno superati: e con la riforma costituzionale ce n’è anche qualcuno in più, perché la politica energetica è di competenza regionale, non più nazionale».
Eppure molti dicono: torniamo all’atomo...
«Se è un motivo di campagna elettorale, se qualcuno ritiene - a torto, secondo me - che porti qualche voto in più, va bene. Ma tecnicamente ha poco senso».
Ha poco senso anche in prospettiva futura, ossia al di là della questione contingente?
«Ripeto: la maggioranza dei cittadini ha detto no all’energia nucleare. Prima che io, lei, Tizio o Caio proponga il contrario, bisogna capire cosa ne pensa oggi il popolo, se ha cambiato idea».
Ma l’elettorato ha fatto bene, allora, a dire no?
«Ne sono convinto e farebbe bene a dire no anche adesso. La Francia, che ha sempre coltivato l’opzione dell’energia atomica, ha avuto per questo molti anni di benessere. Ora però deve fare i conti con i reattori da cambiare, sono vecchi e non sa dove metterli, così come non sa dove stoccare le scorie prodotte. Oltralpe non avevano forse calcolato come il costo della produzione non sia solo quello immediato, ma anche quello futuro legato alla sistemazione dei mostruosi “rifiuti nucleari”. Ciò comporterà costi, ossia una sopravvenienza passiva che annullerà o attenuerà molto il vantaggio goduto finora dai francesi. Non sono un tecnico del settore, mi interesso di economia: e devo dire che la storia economica relativa all’energia atomica è tutta, tutta quanta negativa»


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Messaggiodi Aragorn il 03 gen 2006, 17:24

La strana crisi del gas tra Ucraina e Russia sta senza dubbio sollevando forti preoccupazioni nei Paesi Europei che dipendono in parte dal gas russo ( 25 % circa del fabbisogno) , ma anche molte perplessità sulle sue vere ragioni.
Indubbiamente la crisi covava tra Ucraina e Russia dopo l'elezione del filo-occidentale Yushenko l'anno scorso. La mossa di Mosca di ricattare Kiev attraverso le risorse energetiche e le contromosse ucraine, riducono in parte le forniture del gas ai paesi occidentali.

Per quanto riguarda l'Italia, però, l'improvvisa e presunta carenza di gas non è estranea alle politiche dell'Eni, che con Gazprom ha una complessa rete di relazioni, di accordi e di interessi che vanno ben oltre questa crisi.
Il problema tra Eni e Gazprom nasce dal famoso contratto (bloccato dall'antitrust ) in cui Eni rinunciava alla commercializzazione in Italia del 10% del gas russo, a favore della Cei - Central Energy Italy, controllata da Gazprom e al 33% da Bruno Mentasti Granelli.
DS (Bersani) e Margherita (Letta) a suo tempo attaccarono Berlusconi ritenendolo coinvolto nell'affare.

L'antitrust ha poi bloccato il contratto che attualmente è in fase di ri-negoziazione .
E proprio in questa fase delicata delle trattative ecco confezionata una bella crisi, con tam tam mediatico e ampia diffusione di allarmismo.
L'anno scorso di questi tempi si parlava di eccesso di gas sul mercato italiano e di come risolvere il problema, ora si parla di crisi.
A chi vuole forzare la mano in Italia la crisi del gas russo ?
Da questa estate (che combinazione !) si è cominciato a parlare di come diversificare le forniture di gas metano in Italia ( che attualmente arrivas quasi esclusivamente per gasdotti).

Seguendo questa pista arriviamo probabilmente al "tesoro": il gas (metano) non viaggia (se non in forma marginale) con le enormi navi come il petrolio, ma, da noi come in molte altre parti d'Europa, arriva con i gasdotti. E qui potrebbe stare il grande affare.
In Italia si trasporta già via nave quasi tutto il G.P.L. (Gas da Petrolio Liquido) importato o trasferito dalle raffinerie, ma non esistono, quasi, strutture analoghe per il metano.
Servirebbe sviluppare la costruzione delle grandi gasiere, dove il gas portato a temperature bassissime verrebbe trasportato liquido, servirebbero i terminali per la rigassificazione, che facendo risalire la temperature riporterebbero il metano allo stato gassoso per l'inserimento nella rete. Andrebbero costruiti porti, depositi e impianti.
In Italia esiste solo un terminale di questo tipo a Panigaglia (Liguria), se ne sta costruendo uno a Rovigo e ne sono stati approvati altri due, ma c'è un problema grosso: i cittadini, noi.
Questi impianti fanno paura e le popolazioni locali non li vogliono, spesso anche le stituzione sono con i cittadini. Attenzione quindi all'uso di questa crisi.

Attualmente l'Italia non corre alcun rischio di rimanere senza gas. Sui 400 milioni di metri cubi di gas che si consumano giornalmente in Italia solo il 30% viene dalla Russia (quindi 120 Milioni), In base alle dichiarazioni di Scaroni (Amministratore delegato dell'Eni) abbiamo in Italia scorte per 6 miliardi di metri cubi di gas: quindi anche se la Russia chiudesse del tutto i rubinetti, e non l'ha fatto , avremmo scorte sufficienti per oltre 50 giorni, non i quindici sparati sulle pagine dei giornali.

Senza considerare la possibilità di aumentare le capacità degli altri gasdotti che abbiamo.
A che gioco stiamo giocando? Che ruolo ha l'Eni in questo gioco? Qual è la torta da dividere?


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Messaggiodi Ghost il 03 gen 2006, 17:28

Aragorn ha scritto:dany è un circuito chiuso l'acqua che entra nn esce

non è mica vero sè....l'acqua a un certo punto diviene satura....e va cambiata
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Messaggiodi Ghost il 03 gen 2006, 17:30

Attualmente l'Italia non corre alcun rischio di rimanere senza gas. Sui 400 milioni di metri cubi di gas che si consumano giornalmente in Italia solo il 30% viene dalla Russia (quindi 120 Milioni), In base alle dichiarazioni di Scaroni (Amministratore delegato dell'Eni) abbiamo in Italia scorte per 6 miliardi di metri cubi di gas: quindi anche se la Russia chiudesse del tutto i rubinetti, e non l'ha fatto , avremmo scorte sufficienti per oltre 50 giorni, non i quindici sparati sulle pagine dei giornali.

il + grosso gasdotto ....è in tunisia è lui ke rifornisce l'italia.......^_^
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Messaggiodi thrantir il 03 gen 2006, 17:32

le conclusioni che ho tratto dai post di sergio e da qualcosa che ho letto qua e la': servirebbero delle analisi tecniche-economiche realistiche e non influenzate da interessi, in italia (ma probabilmente non solo in italia) ritengo la cosa impossibile. Se fosse possibile, i risultati non sarebbero resi noti. Se si riuscisse a renderli noti, troverebbero il modo per non tenerne conto
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Messaggiodi Aragorn il 03 gen 2006, 20:29

thrantir ha scritto:le conclusioni che ho tratto dai post di sergio e da qualcosa che ho letto qua e la': servirebbero delle analisi tecniche-economiche realistiche e non influenzate da interessi, in italia (ma probabilmente non solo in italia) ritengo la cosa impossibile. Se fosse possibile, i risultati non sarebbero resi noti. Se si riuscisse a renderli noti, troverebbero il modo per non tenerne conto


ti dai alla politica?

eheh nn si capisce una mazza :P


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Messaggiodi nemesys_72 il 03 gen 2006, 21:31

un 3d più lungo no???
:lol:
Ci sono troppi interessi sotto, comunque sarebbe una buona cosa fare un altro referendum..
La gente non è più quella che ha votato quella volta..
Il mondo si è evoluto e le conoscenze in materia sicuramente sono maggiori..
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Messaggiodi cb_123 il 03 gen 2006, 21:33

thrantir ha scritto:qualcuno esperto in materia, sa spiegare perche' non si prendono in considerazione centrali a fusione nucleare che hanno un impatto ambientale molto minore?


Semplicemente perchè non si è ancora in grado di far funzionare una centrale a fusione nucleare.
Poi vedo se trovo qualche testo che avevo che parlava delle centrali nucleari per spiegare la cosa un poco meglio.
Si st@
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Messaggiodi thrantir il 04 gen 2006, 01:38

no? da alcune letture in giro, mi sembrava di aver capito che la possibilità sia concreta
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Messaggiodi Galai il 04 gen 2006, 02:18

No di fusione ancora nn se ne può parlare per quel che riguarda la produzione di energia elettrica, inoltre poi ci sarebbe veramente da lavorare tanto sulla sicurezza in caso di fusione.
Sempre in Rete.....There is no place like 127.0.0.1

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Messaggiodi Aragorn il 04 gen 2006, 15:15

le tre strade per liberarsi dalla schiavitù del metano:
liberalizzazione del mercato dell'energia - impianti di rigassificazione - ritorno al nucleare


Il braccio di ferro sul gas tra Russia e Ucraina, con le sue ricadute europee, mostra quanto sia fragile il nostro sistema energetico. Le tensioni tra due nazioni straniere bastano perché l'intera Europa sia percorsa da un brivido. La sensazione di debolezza è tanto più forte in un paese come l'Italia, che impiega massicciamente il gas naturale nella generazione elettrica, oltre che per usi industriali e domestici, e che per i suoi rifornimenti ha puntato tutto sui gasdotti.
Purtroppo, spesso le ricette che vengono suggerite non aiutano a raggiungere il fine della sicurezza energetica, o addirittura portano nella direzione opposta. Per esempio, il candidato premier dell'Unione Romano Prodi sembra essersi infatuato dell'energia solare senza rendersi conto che il sole, come il vento e molte altre fonti cosiddette alternative, è una forma di energia vecchia, costosa e inefficiente. Come hanno scritto i fondatori dell'associazione "Galileo 2001" in una lettera aperta al presidente Giampi, "è improbabile, se non illuso-rio, che le forme d'energia solare diverse da quella idroelettrica possano offrire contributi veramente significativi al fabbisogno energetico del nostro Paese". Inoltre, non dovrebbe spettare alla politica spiegare alle imprese come fare il loro lavoro -cioè, su quali fonti scommettere.
In questa prospettiva, perseguire la sicurezza energetica significa ridimensionare drasticamente il peso delle decisioni pubbliche. Solo riforme strutturali e orientate al mercato possono liberare e incanalare nella giusta direzione le forze dell'economia. Nel caso del gas naturale, per esempio, questo significa moltipli-care i punti di accesso. Ciò è possibile grazie alla costruzione dei terminali di rigassificazione, che consentono di ricevere il gas in forma liquida per poi immetterlo nella rete nazionale. Purtroppo, i progetti esistenti devono fare i conti con le opposizioni degli enti locali e dei movimenti ambientalisti, che esercitano un autentico diritto di veto.
La via maestra delle liberalizzazioni, sfortunatamente, è intralciata da una giungla burocratica che strangola le intuizioni più innovative e opera una selezione non delle alternative migliori, ma di quelle politicamente più spendibili. In altre parole, l'eccessiva regolamentazione distorce il mercato e favorisce quei gruppi di pressione che sanno "vendersi" meglio agli elettori e agli uomini politici.
Una vittima illustre di questo processo, nel panorama energetico italiano, è l'energia nucleare. La generazione elettrica per via atomica è affidabile e pulita. Il suo principale limite è semmai econo-
mico: l'investimento per costruire gli impianti è colossale e richiede un orizzonte temporale molto lungo per generare profitti netti. Una previsione sbagliata può portare a una Gaporetto finanziaria. La cosa peggiore che si possa fare, allora, è inaugurare delle centrali (subendo i costi) e poi spegnerle prima che il loro ciclo vitale si sia esaurito (quando cioè i benefici non si sono ancora fatti avvertire). Drammaticamente, l'Italia del 1987, terrorizzata dallo spettro di Chernobyl e messa in subbuglio dagli untori verdi, ha fatto proprio questa scelta. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: il dissesto dei conti pubblici, un'ossatura energetica inefficiente, i costi tra i più alti d'Europa, e una drammatica vul-
nerabilità alle scosse geopolitiche. Quella che per nazioni più equilibrate è una mareggiata, per noi è uno tsunami.
Non esistono terapie di breve termine; non si può sbrogliare la matassa energetica con uno slogan. Nel lungo periodo, però, è cruciale rimuovere i vincoli - legislativi, fiscali e di altro genere - che ingessano il nostro sistema energetico. La flessibilità è, anche in questo caso, indice di stabilità; ma per definizione non può essere progettata negli uffici di un ministero o nelle aule parlamentari. Ci sono più cose tra cielo e terra di quante ne stiano nei programmi elettorali: ignorandolo non faremo altro che sprofondare ulteriormente nel guano delle scelte sbagliate.


«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,

le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»

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