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Rushdie: il fondamentalismo islamico è il nuovo nazismo

MessaggioInviato: 23 mar 2006, 13:19
di Aragorn
Salman Rushdie è uno dei più grandi autori contemporanei di lingua inglese. La sua fama di scrittore è offuscata solo da quella di mancato martire della libertà di espressione dopo che nel 1989 l'ayatollah Khomeini emise contro di lui unafatwa, una sentenza islamica, chiedendo la sua uccisione. Quando lo incontriamo in un lussuoso albergo del centro di Milano lo troviamo di ottimo umore. Ha appena saputo di aver vinto il più prestigioso premio letterario del suo Paese natale, l'India, e accetta di buon grado di parlare sia del suo nuovo libro Shalimar il clown (Mondadori, 472 pagine, 19 euro) sia dei rapporti tra Occidente e mondo musulmano.

Salman Rusndìe, lei è entrato nell'era del terrorismo islamico prima di tutti noi. Cosa ha imparato?
Ho imparato che quando si affrontano le minacce a testa alta spesso il nemico batte in ritirata. Nel caso dei Versetti satanici la strategia terrorista ha fallito. Oltre al-hfatwa ci sono stati molti tentativi di intimidazione perché il libro fosse fermato: il traduttore italiano e l'editore norvegese furono aggrediti e il traduttore giapponese fu ucciso. Ma il libro non fu messo al bando. L'attacco fu respinto e non venne ripetuto. C'è una lezione da imparare da quanto è successo.
Crede che la lezione sia stata messa in pratica? Penso al caso delle vignette blasfeme.
A parte quella delle vergini, le vignette in questione non erano né satiriche né intelligenti e se fossi stato il responsabile del giornale che le ha commissionate le avrei rispedite al mittente chiedendo qualcosa di meglio. Detto questo, è grave che i giornali che non hanno riprodotto le vignette "per non offendere i musulmani" in realtà abbiano avuto paura di farlo. Un tentativo d'intimidazione rivolto contro la libertà di espressione ha in qualche modo avuto successo. E non credo che aver ceduto alle minacce ci risparmierà altre intimidazioni nel futuro.
Pensa che la guerra possa essere un mezzo per combattere questa battaglia?
Sì, ma non credo che sia il migliore. A differenza di altri non sono stato contro l'attacco in Afghanistan, un Paese dove un gruppo terrorista aveva preso il controllo dello Stato. Si trattava di una situazione pericolosa e senza precedenti e che ha portato all' 11 settembre. Cosa può fare un Paese dopo essere stato attaccato da uno Stato terrorista? Chiedere scusa?
Crede che ne sia valsa la pena?
Credo che sia stato un attacco difendibile. Non penso la stessa cosa dell'Iraq, dove mi sembra che la guerra sia stata molto controproducente. Io non rimpiango la caduta di Saddam Hussein, ma ho un grandissimo rammarico per come è avvenuta. È stato assurdo, caotico e controproducente: si è contribuito a far impiantare il credo jihadista in una regione in cui non c'era. Abbiamo creato dei nemici. E questo è un errore. Credo che la soluzione al problema del fondamentalismo debba arrivare da dentro il mondo islamico. Si possono fare delle pressioni e talvolta forse un'azione bellica può essere giustificata, ma è dall'interno della società che deve arrivare il rigetto. Come è successo in Irlanda del Nord: ciò che ha spinto l'Ira a deporre le armi è stato il fatto che i cattolici si sono stancati di essere rappresentati dall'Ira. Nel mondo islamico deve accadere la stessa cosa.
Quando nel suo libro parla del Kashmir affiora la sua fiducia nella capacità della gente comune di superare le divisioni religiose. Viceversa i suoi giudizi sui militari indiani e i musulmani radicali sono molto duri. Non ha fiducia nelle persone che incarnano l'autorità?
Ho una bassa opinione dei politici e nel caso del Kashmir è sicuramente vero che entrambe le parti, India e Pakistan, hanno perseguito le proprie mire di potere senza curarsi né dei bisogni né delle aspirazioni degli abitanti del Kashmir. I quali se avessero la possibilità di scegliere starebbero per conto proprio.
Ha letto i libri di Oriana Fallaci sull'Islam radicale?
No, ma ho letto i numerosi estratti pubblicati dalla stampa. E ho ricavato l'impressione che si tratti di libri ottusi. Quando ci si abbassa al livello della denigrazione non si contribuisce a un dibattito né si ha alcuna chace di ottenere ragione, motivo per cui anche a livello tattico mi sembrano libri mal concepiti. Detto questo credo che sia giusto permettere a Oriana Fallaci di dire ciò che vuole. Come per David Irving (lo storico britannico che nega l'Olocausto, ndr).
L'ascesa dell'islamismo radicale è la vicenda politica più importante degli ultimi anni. Secondo un diplomatico palestinese George W. Bush avrebbe detto di aver invaso Afghanistan e Iraq in missione per conto di Dio. Lei stesso ha vissuto sulla propria pelle il peso dell'intolleranza religiosa. Crede che il mondo secolarizzato in cui viviamo sia a rischio?
lesi do. Credo di sì. Ed è strano a dirsi perché solo negli anni Settanta l'idea che una politica su base teologica divenisse dominante nel dibattito mondiale sarebbe parsa assurda. Sia in Occidente che nel resto del mondo. Quello a cui abbiamo assistito è un ritorno straordinario e repentino. E molto pericoloso.
Crede che il fenomeno rientrerà con la stessa velocità con cui è emerso?
Credo che il radicalismo islamico sarà un fenomeno di breve durata. I Paesi dove è diventato dominante sono i posti dove è più detestato. Gli afghani odiavano i talebani. Allo stesso modo se in Iran la volontà popolare contasse qualcosa gli ayatollah non governerebbero la vita pubblica. In Algeria Fis e Gia nel giro di pochi anni sono stati marginalizzati e privati dell'appoggio popolare. Ovunque il fondamentalismo si avvicini ai gangli del potere la disillusione prende il sopravvento.
Se davvero si tratta di un fenomeno a tempo determinato, quanto pensa che durerà?
Il comunismo sovietico è durato una settantina d'anni e fino al momento in cui è crollato tutti pensavano che sarebbe stato eterno. Penso che il fondamentalismo possa fare la stessa fine. Il radicalismo risale alla metà degli anni 70 e credo che nel giro di 30-40 forse 50 anni non ci sarà più. Rispetto alla vita umana è un fenomeno di lunga durata, ma in termini storici non è nulla.
Cosa glielo fa pensare?
Molti musulmani sia credenti che secolarizzati sono orripilati dall'islamismo radicale. La comunità islamica britannica dopo gli attentati del 7 luglio era genuinamente scioccata da ciò che era stato compiuto in suo nome. La teoria dello scontro fra civiltà non mi convince. Non c'è una visione del mondo monoliticamente islamica opposta a quella occidentale. Detto questo, credo che uno dei grandi pericoli che corriamo sia la volontà delle democrazie secolarizzate occidentali di fare delle concessioni a questo fenomeno violento nel nome del rispetto religioso. Non è più una questione di rispetto, ma di paura. Scendere a patti non garantisce sconti. Anzi.
È per questo che ha firmato un manifesto che paragona il fondamentalismo a nazismo e stalinismo?
Sì, abbiamo di fronte un'ideologia tirannica che, ovunque si manifesti, porta dispotismo e oppressione. L'Occidente ha sbagliato quando, in nome del rispetto, ha condonato autentiche politiche fasciste. I Paesi che hanno vissuto il fascismo dovrebbero vedere in maniera molto chiara i paralleli: sono molto evidenti. Durante le ricerche sull'estremismo hindu che ho fatto prima di scrivere L'ultimo sospiro del moro ho scoperto che i partiti estremisti hindu come il Shiv Sena avevano modellato la propria struttura su quella del partito nazista. Il loro leader Bai Thackeray aveva una foto di Adolf Hitler sulla propria scrivania. Lo considerava un modello. Siccome il linguaggio usato dal radicalismo islamico è arcano e teologico l'Occidente incorre nell'errore del relativismo culturale. La gente dice: "È la loro cultura e dobbiamo capirla". Ciò che sostengo è che all'interno di questa cultura è in corso una battaglia tra fascismo e libertà. E la religione è il travestimento dei fascisti. Non è la prima volta che viene messa al servizio del dispotismo e della tirannide: lo abbiamo visto nel mondo cristiano, in quello hindu e adesso in quello musulmano.
Il presidente Bush ha raggiunto un accordo con l'India per fornire tecnologia nucleare. Segno che il peso politico del suo Paese cresce di pari passo con quello economico. Allo stesso tempo l'India ospita il 40% dei poveri del pianeta ed è il secondo Paese al mondo per malati di Hiv. Come vive questa contraddizione?
È un grande problema. Parlare del boom è giusto perché un è fenomeno straordinario. Ma pochissimi di questi benefici vengono goduti dalla metà più povera della popolazione. Credo che questo sia il problema dell'India: il rischio è di frenare la crescita e legittimare politiche distorsive. È nel solco che divide ricchi e poveri che la retorica populista trae la linfa che dà vita alle politiche più reazionarie. Quanto alla visita di Bush io sono a favore di migliori relazioni tra India e Usa, ma credo che l'accordo nucleare sia stato un grave errore. Se si criti-cal'Iranperle sue ambizioni atomiche, come si possono stringere accordi con l'India che non ha mai aderito al Trattato di non-proliferazione nucleare? Violare i trattati quando fa comodo è un grave errore e adottare due pesi distrugge ogni argomento contro l'Iran.


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Salman Rushdie, nato il 19 giugno del 1947 a Bombay (Mumbai) è uno scrittore di saggi e romanzi, molti dei quali ambientati nel sub-continente indiano. Cresciuto nella sua città natale, ha studiato al King's College di Cambridge in Inghilterra. Il suo stile narrativo fa convivere il mito con elementi di vita vera dei suoi personaggi. I suoi libri più famosi sono i figli della mezzanotte (1981), vincitore del Booker prize e Versetti satanici (1988), per il quale si meritò anche la "scomunica" dell'ayatollah Khomeini.

MessaggioInviato: 23 mar 2006, 14:03
di Aragorn
Io non rimpiango la caduta di Saddam Hussein, ma ho un grandissimo rammarico per come è avvenuta. È stato assurdo, caotico e controproducente: si è contribuito a far impiantare il credo jihadista in una regione in cui non c'era. Abbiamo creato dei nemici. E questo è un errore. Credo che la soluzione al problema del fondamentalismo debba arrivare da dentro il mondo islamico. Si possono fare delle pressioni e talvolta forse un'azione bellica può essere giustificata, ma è dall'interno della società che deve arrivare il rigetto. Come è successo in Irlanda del Nord: ciò che ha spinto l'Ira a deporre le armi è stato il fatto che i cattolici si sono stancati di essere rappresentati dall'Ira. Nel mondo islamico deve accadere la stessa cosa.

MessaggioInviato: 23 mar 2006, 15:21
di thrantir
pur non condividendo una giustificazione di una guerra che considero, comunque venga posta la questione, una guerra di attacco, l'idea di far venire il rigetto per il terrorismo, la guerra santa, la violenza, da dentor la societa' musulmana, rispecchia perfettamente il mio pensiero...