La sua Corleone, paese in provincia di Palermo, è lo scenario in cui Bernardo Provenzano, latitante dal 9 maggio 1963, è stato arrestato. Binnu 'u tratturi (Bernardo il trattore) aveva preso le redini di Cosa Nostra dopo la cattura di Totò Riina, suo compaesano, avvenuta nel 1993. Poi le rivelazioni dei pentiti e le indagini in Francia, dove il padrino si era fatto operare sotto falso nome come Gaspare Troìa.
La conferma arriva dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone ed i pm della Dda Prestipino e Marzia Sabella. Pignatone, in particolare, ha detto: "La cattura di Provenzano è una vittoria di tutte le istituzioni, frutto di un impegno dello Sco, della polizia di Stato e della Squadra Mobile di Palermo.
Un successo di eccezionale importanza, perché viene assicurato alla giustizia l'attuale capo di Cosa Nostra, già condannato per le stragi più efferate. E' la fine di una latitanza durata troppo a lungo".
Il boss era in un casolare nella campagna di Corleone. L'operazione è stata condotta dalla Polizia di Palermo insieme al Servizio Centrale Operativo (Sco) e alla Direzione Centrale Anticrimine (Dac). La 'primula rossa' della mafia non ha opposto resistenza e non era armato.
"Non si può essere che lieti del fatto che il più pericoloso e più ricercato capo della mafia sia stato catturato: mi congratulo con le forze dell'ordine che sono riuscite in questo colpo straordinario". E' il commento a caldo del segretario dei Ds Piero Fassino che, ai microfoni di 'Radio anche noi', ha ricevuto in diretta la notizia della cattura del boss.