di Aragorn il 07 feb 2007, 13:56
Roma Sono stanchi, non hanno notizie dall’Italia e si sentono abbandonati. Francesco Arena e Cosma Russo, i due tecnici italiani ancora nelle mani del “Mend” (Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger) insieme al libanese Imad Saliba, si lasciano andare allo sfogo con Stefano Liberti, l’inviato del “Manifesto”, che li ha intervistati. «Siamo delusi dal governo italiano, che non sta facendo nulla per tirarci fuori da qui. Delusi della nostra compagnia, che ci ha lasciati marcire in questa giungla. Delusi da questa situazione, in cui ci troviamo incartati», ha lamentato Francesco Arena. Il tecnico dell’“Eni” denuncia le condizioni della prigionia, che va avanti da due mesi. «Siamo in trappola, i militanti ci trattano bene ma non è facile stare nella giungla. Non c’è acqua, se non quando la portano da fuori. L’ultimo bagno l’ho fatto venti giorni fa». Gli ostaggi vogliono tornare a casa e vogliono rientrarci in fretta. Sono all’oscuro di quanto accade nel proprio Paese, salvo qualche informazione raccolta dalla radio nigeriana. «Ma le notizie sono confuse, contraddittorie. Una volta dicono una cosa, un’altra il contrario. Non sappiamo cosa pensare. Una sola cosa è sicura: ci hanno abbandonati a noi stessi». I due italiani, (erano tre prima del rilascio di Roberto Dieghi, restituito alla libertà a causa del precario stato di salute) temono che i negoziati fra il Mend e l’Italia siano ad un punto morto. «Sembriamo destinati a rimanere qui in eterno», ha aggiunto Arena, «questa gente vuole una più equa distribuzione dei proventi del petrolio, che viene sfruttato da anni sulla loro terra senza alcuna contropartita. Bisogna accontentarli». Toccata nel vivo, la Farnesina, che è in stretto contatto con le autorità nigeriane e con le famiglie dei rapiti, ha posto l’accento su un dato importante: la conferma che i sequestrati stanno bene. Una rassicurazione avvalorata anche dalla telefonata che, ieri, Cosma Russo ha fatto ai suoi familiari. La telefonata, ha spiegato la moglie di Cosma, Anna Maria Carella, «è durata cinque minuti. Prima gli ho parlato io, poi i figli grandi, lo abbiamo tranquillizzato sul fatto che si sta lavorando, non è vero che sono trascurati. Quando ci siamo salutati ci siamo messi a piangere». Sul merito dell’intervista al quotidiano, il ministero degli Esteri sottolinea come, nel quadro di una situazione che permane estremamente delicata, il governo italiano, anche attraverso i Servizi d’informazione e in stretta collaborazione con l’Eni, non trascura alcuna pista che possa portare alla liberazione degli ostaggi. Per l’Unità di Crisi, un ruolo fondamentale lo svolgono le autorità nigeriane, perché «possono contribuire a favorire una soluzione positiva». Dello stesso parere, l’Eni che, attraverso un suo portavoce, ha affermato: «Stiamo lavorando e continueremo a farlo in stretta collaborazione con l’Unità di Crisi della Farnesina e con le autorità locali».
«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,
le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»