
ROMA - Sono molto difficili i primi passi del governo Berlusconi in politica estera. La Libia ha risposto con durezza alla nomina di Roberto Calderoli a ministro nel nuovo governo Berlusconi: il ministero degli Interni di Tripoli ha fatto sapere ieri notte di non voler più collaborare nella protezione delle coste italiane dall'ondata di immigrati illegali dall'Africa, "questo perché Roma e altri paesi dell'Unione europea non hanno messo in atto l'appoggio promesso". E secondo le informazioni di un quotidiano on-line specializzato in petrolio, Gheddafi sarebbe pronto anche a ritorsioni nel campo petrolifero, bloccando i contratti con l'Eni siglati lo scorso 16 ottobre, con la possibilità di arrivare addirittura a una possibile nazionalizzazione di tutte le attività dell'azienda petrolifera italiana.
La mossa decisa dal leader libico Muhammar Gheddafi arriva dopo l'avvertimento che il 2 maggio era stato lanciato da suo figlio, Saif el Islam. La settimana scorsa l'erede apparente del colonnello Gheddafi aveva dichiarato che le relazioni fra Tripoli e Roma sarebbero peggiorate decisamente nel caso Calderoli avesse fatto parte del nuovo governo. La nomina a ministro di Calderoli avrebbe riportato a galla la profonda tensione che divise l'Italia dalla Libia due anni fa: mentre il mondo musulmano era in fiamme per le vignette "blasfeme" pubblicate da un giornale danese, il ministro Calderoli si presentò al Tg1 mostrando una t-shirt con una delle vignette con la caricatura del Profeta Maometto.
Nei giorni successivi una folla di cittadini libici assaltò il consolato italiano a Bengasi, mettendolo a fuoco; per proteggere il personale italiano, la polizia libica sparò sui dimostranti, arrivando ad uccidere ufficialmente 11 persone, che secondo valutazioni fatte successivamente sarebbero invece almeno una trentina. Per questo nel suo comunicato Saif Gheddafi arrivava a definire Calderoli "assassino", per aver provocato indirettamente gli scontri di Bengasi, minacciando appunto conseguenze catastrofiche.
Il comunicato libico di ieri sera sarebbe dunque la ritorsione immediata decisa da Gheddafi: "La Libia è impegnata negli sforzi per respingere l'afflusso di immigrati illegali verso l'Italia, esaurendo le sue risorse materiali e spendendo una grande quantità di denaro per proteggere le coste italiane dall'ondata di immigrati clandestini. Adesso la Libia non sarà più responsabile della protezione delle coste italiane dagli immigrati illegali, poiché la parte italiana non ha rispettato l'impegno nel dare appoggio alla Libia".
I libici aggiungono minacciosamente che "ci attendiamo un incremento quest'estate nel numero degli arrivi in Italia, via Libia, di immigrati clandestini provenienti dai paesi sub-sahariani, un fenomeno consueto in questo periodo dell'anno a causa delle migliori condizioni atmosferiche e del mare in genere più calmo".
Ma ieri sera un altro tipo di minaccia si è affacciato all'orizzonte del governo Berlusconi: la "Staffetta quotidiana", una pubblicazione on-line specializzata nel settore petrolifero, rivela che secondo fonti diplomatiche libiche potrebbero essere annunciati da Tripoli anche il blocco dei visti per l'ingresso degli italiani in Libia e la cancellazione dell'accordo strategico tra Eni e la compagnia di stato Noc, siglato il 16 ottobre scorso a Tripoli. L'intesa prevede il prolungamento per 25 anni dei contratti petroliferi attuali e investimenti congiunti per 28 miliardi di euro in 10 anni. Sempre secondo la "Staffetta" non sarebbe esclusa come gesto estremo la nazionalizzazione delle attività dell'Eni in Libia.
(9 maggio 2008)
fonte http://www.repubblica.it/2008/05/sezion ... sioni.html