Marchionne è in Germania per presentare ai politici e ai sindacalisti il piano della Fiat per Opel e sta tirando fuori dal suo mazzo una “nuova carta”, come io avevo previsto. Questa consiste nel fatto che GM parteciperebbe al nuovo gruppo, che si formerebbe con Fiat – a capo – unitamente a Chrysler. Sicché Fiat non comprerebbe Opel da General Motors, ma sarebbe GM a conferire la affiliata Opel alla nuova società che sorgerebbe dallo scorporo dal gruppo Fiat di Fiat auto e dalla fusione di quest’ultima con Chrysler e con rami di GM. In questo modo, la proprietà della famiglia Agnelli nel nuovo colosso dell’auto scenderebbe a una quota inferiore a quella attuale del 31 per cento di controllo, una percentuale a prova di Opa, che consentirebbe a Fiat di mantenere la maggioranza relativa e di superare il 30 per cento assieme ad altri soggetti.
Lo scorporo comporta la separazione di Fiat auto da Fiat Iveco (camion) e da Fiat CHN (macchine per l’agricoltura e per l’edilizia), un progetto che Marchionne aveva già delineato, quando era entrato in Fiat. E che implica di considerare l’automobile come un business a sé stante, come in effetti è. Sopratutto quando acquista le grandi dimensioni, derivanti da una produzione di auto, di sei-sette milioni di unità, come quella nel progetto che Marchionne sta presentando a Berlino. Ovviamente, però, le sinergie fra veicoli industriali e macchine per il movimento di terra e per l’agricoltura e autovetture esistono, sia dal punto di vista della tecnologia e di parecchi componenti sia dal punto di vista delle immagini di marca (il brand) e della rete commerciale. E certamente Fiat non intende trascurarle, tanto più che esse hanno un particolare rilievo in relazione al fatto che Chrysler produce Jeep, ossia sostanzialmente un ibrido fra il camioncino e l’automobile e fra le macchine agricole e per l’edilizia e gli autoveicoli multi-utilità.
Ora dobbiamo considerare sette punti di forza e sette punti di debolezza del piano che Marchionne presenta a Berlino. Cominciando dai punti di forza.
Il primo è costituto da ciò che Fiat offre a GM: non va dimenticato infatti che Opel non è di un proprietario tedesco ma di GM e che i suoi brevetti appartengono a GM. E questa non gradisce darne l’uso a terzi gratis, anche se è disposta a dare gratis le fabbriche di Opel e i suoi marchi a chi se la prende in carico.
Il secondo punto di forza di Fiat è costituito dal fatto che l’accordo eventuale con GM per Opel fa parte di un più ampio programma di accordi di Fiat con GM, in corso di definizione.
Il terzo punto di forza sta nel fatto che il governo federale degli Usa che ha versato e verserà a GM svariati miliardi di dollari ha interesse a che Opel rimanga a un gruppo in cui c’è già Chrysler, con azionisti Usa in posizione di controllo, che rimarranno comunque a una quota importante di Chrysler e quindi del nuovo gruppo con Fiat, in cui può entrare anche GM. Così la presenza Usa nella scena mondiale dell’auto si avallerebbe di nuova multinazionale italo-americana, con eventuali altri soci.
Il quarto punto di forza, a favore di Fiat, che si collega al terzo, ma è aggiuntivo è che questo accordo con Opel giova anche a Chrysler che può, così, fruire delle tecnologie per le auto di media cilindrata a basso consumo energetico di GM-Opel. E ciò interessa molto agli americani, oltre che a Fiat auto.
Il quinto punto di forza di Fiat nella trattativa tedesca è costituito dal fatto che l’unico altro offerente è la casa di componentistica austro-canadese Magna, che non è in grado di rimpiazzare i know how tecnologici di Opel di proprietà di GM. E che non si dichiara disposta a gestire Opel, ma solo a comprarla, fornendo capitale proprio, per rilanciarla, sicché Opel dovrebbe crearsi un proprio management ex novo
Il sesto punto di forza di Fiat consiste nell’obiettivo vantaggio industriale della fusione di Fiat auto con Opel, derivante dal fatto che ciò comporta economie di scala, per le loro produzioni di auto, che Marchionne valuta in un miliardo di euro annui di minori costi.
Il settimo punto di forza dell’offerta Fiat per Opel consiste nel fatto che le reti di distribuzione di Fiat e Opel si potranno unificare fra loro e con quella di Chrysler, generando una offerta di sei-sette milioni di auto, quindi il secondo gruppo mondiale dopo Toyota, con operatività in tutto il mondo. Ciò avvantaggia tutte e tre le compagnie che entrano nel nuovo gruppo multinazionale. E Opel non può conseguire un effetto simile con nessuna altra delle soluzioni possibili, che consistono nella offerta di Magna e nella creazione di una nuova impresa tedesca, con la partecipazione dei lavoratori e della mano pubblica.
A questi sette punti di forza si contrappongono sette punti di debolezza del piano Fiat.
Il primo sta nel timore dei sindacati tedeschi che l’integrazione con Fiat generi chiusura di fabbriche Opel, in particolare in Germania, ove i costi del lavoro sono più alti. E’ vero che Marchionne assicura che nessuna fabbrica Opel verrà chiusa in Germania, ma c’è comunque la prospettiva di riduzione a breve termine di addetti delle varie fabbriche e della sede centrale. E’ vero che ci sono analoghi pericoli con le altre due soluzioni. Ma essi potrebbero essere molto minori o, almeno, così pensano i sindacati, nel breve termine. Ciò pesa molto anche se le prospettive occupazionali a medio lungo termine con il piano Fiat per Opel possono essere migliori che con le altre soluzioni.
Il secondo punto di debolezza sta, per Fiat, sul fronte interno, cioè in Italia, ove i sindacati hanno timori analoghi a quelli dei sindacati tedeschi.
Il terzo punto di debolezza sta nell’orgoglio nazionale tedesco. E’ difficile per i tedeschi, che vantano una supremazia nell’auto, in Europa con Volkswagen e Daimler, ammettere di dover passare in sottordine in Opel a una casa di auto italiana, che oltretutto negli anni passati, prima del rilancio di Marchionne, non era particolarmente brillante.
Il quarto punto di debolezza dell’offerta Fiat per Opel si collega al terzo. Ed è costituito dal fatto che le due case tedesche di auto Volkswagen e Daimler non gradiscono che Fiat acquisti questa rilevanza sul mercato europeo e mondiale dell’auto e premono sulla pubblica opinione tedesca affinché non si realizzi questa operazione.
Il quinto punto di debolezza dell’offerta Fiat sta nel fatto che anche le case di auto francesi non possono non guardare con preoccupazione al nuovo colosso, che si formerebbe sul mercato dell’auto. Ed esse possono creare problemi, in sede europea, mediante la nota influenza che la Francia esercita sulla Commissione europea.
Il sesto punto di debolezza di questa operazione sta nella sua stessa dimensione e nei problemi che potrebbe creare, in particolare fra il management Fiat e il mangement Opel. Problemi che non ci sono nel caso di Fiat con Chrysler, che chiede di essere ristrutturata da un management europeo. Inoltre in questi caso non ci sono difficoltà culturali con il management di Fiat in quanto Marchionne è italo canadese e l’attuale a.d. di Chrysler è italo americano E negli Usa è difficile stabilire che è un connazionale e chi no.
Il settimo punto di debolezza di Fiat è che essa per Opel non offre molti miliardi, ma solo uno. E comunque, non è certo in grado di fornire un cospicuo apporto finanziario alla nuova iniziativa con Opel, mentre Magna sembra disposta a fornire svariati miliardi. E’ vero che Fiat offre, in tecnologia e rete distributiva, un valore economico molto maggiore. Ma dal punto di vista puramente finanziario non è la stessa cosa.
Dunque, l’esito della trattativa è altamente incerto. Va detto però che questa non è l’unica via per Fiat per arrivare al gruppo di 6-7 milioni di auto, di cui al piano del Lingotto. Ed il trio Elkan, Montezemolo, Marchionne è molto agguerrito e determinato. Inoltre Marchionne ha già fatto sapere che intende concentrasi nel gruppo Fiat, lasciando la vice presidenza di Ubs, in cui sarebbe potuto diventare il numero uno.