Il Dalai Lama è il leader spirituale e politico del Tibet, il “Tetto del Mondo”, occupato dalla Cina nel 1956. Vive in esilio da 40 anni battendosi per una larga autonomia della sua Patria, anche se per le autorità di Pechino è “una attività secessionista sotto copertura religiosa”. E' stato in visita negli Stati Uniti circa una decina di volte, incontrando Clinton e i Bush, padre e figlio. Ma Obama ha deciso di non rinnovare il tradizionale appuntamento, almeno per ora. E’ la prima volta che accade dal 1991.
Lo impone il realismo della nuova amministrazione: “La tutela dei diritti umani – ha detto il segretario di stato Clinton prima del suo ultimo viaggio a Pechino – non può interferire con la crisi economica globale, i cambiamenti climatici e la questione della sicurezza”. Ma se il problema è l’economia, e non si vogliono compromettere i rapporti con Pechino dando udienza al leader tibetano, come mai la Casa Bianca non si è fatta scrupoli a proporre delle misure protezionistiche ai danni della Repubblica Popolare, minacciando un balzello del 35 per cento sulle importazioni di pneumatici cinesi?
Anche quando il Dalai Lama incontrò Bush a Washington nel 2007, la nomenclatura cinese serrò i denti imbestialita. Allora l’atmosfera tra il monaco buddista e la amministrazione repubblicana era di grande familiarità, eppure il Dalai Lama sferzò l’inquilino della Casa Bianca: “Amo il presidente Bush, è sicuramente un tipo franco ed onesto,” disse, “le sue intenzioni sono buone, ma alcune delle sue politiche – a dispetto della sua sincera motivazione e degli obiettivi giusti che persegue – diventano irrealistiche per una mancanza di comprensione della realtà”. Bush incassò senza fiatare e insignì Tenzin Gyatso della medaglia d’oro del Congresso, la massima onorificenza per un civile in America.
Davanti ai reporter e accanto a Bush, il Dalai Lama liquidò le proteste della Cina con una battuta: “non preoccupatevi, succede tutte le volte che vengo qui in America e ovunque vada”. I tempi cambiano velocemente, e a due anni di distanza Pechino non protesta più. Probabile che il presidente americano riesca a chiarire la vicenda in privato, mandando in avanscoperta la speaker della Camera Nancy Pelosi. Più che uno sgarbo sarà ricordato come un malinteso (in fondo Obama ha già incontrato il Dalai Lama nel 2005 e nell'estate del 2008 l'allora candidato alla Casa Bianca scrisse una bella lettera al leader tibetano in cui perorava la sua causa difendendo la libertà religiosa). Ma per adesso dov'è finito il progressismo di Obama? Forse è vero che la democrazia non si può esportare come voleva fare Bush ma almeno gli si potrebbe dare una piccola spinta…