di Aragorn il 20 feb 2009, 12:36
MILANO, 20 febbraio 2009 - Le parole del presidente Berlusconi sono l’ennesima porta sbattuta in faccia a Carlo Ancelotti. I rimproveri che piovono dall’alto, ormai, non si contano più e sono la chiara testimonianza di un rapporto sfilacciato, al di là delle dichiarazioni di facciata ("Carletto è uno di famiglia" ripete sempre il premier), e destinato a concludersi a fine stagione. Oggi nessuno scommetterebbe un centesimo sulla riconferma del tecnico per la prossima stagione. E' vero che nel calcio siamo abituati ai ribaltoni dell’ultimo momento, ma francamente in questo caso non se ne vedono i presupposti. Le critiche di Galliani nella settimana pre-derby sono state un segnale lampante: la società, e quindi il presidente, non è contenta di come stanno andando le cose; si credeva di poter lottare per lo scudetto fino in fondo (obiettivo primario ufficialmente dichiarato) e invece ci si trova a 11 punti dalla capolista Inter. Non sono giorni tranquilli, a Milanello e dintorni.
FEELING ROTTO - Che in casa Milan siano partite le grandi manovre per la rivoluzione estiva è evidente da come i dirigenti stanno gestendo la situazione. Nessuno ha smentito il fatto che Ancelotti sia in bilico, nessuno ne ha pubblicamente preso le difese. Ciò significa che, perlomeno, è sotto osservazione. Cioè, sotto esame. E mettere sotto esame un allenatore i cui metodi e le cui capacità si conoscono dal novembre del 2001 vuol dire che la fiducia è ormai a sgoccioli. Niente di male, tutte le storie finiscono e anche quella tra un tecnico e il suo club può arrivare al capolinea senza che succeda il terremoto. In questo caso non è importante capire dove stiano i torti o le ragioni (generalmente si equivalgono), ma comprendere perché il feeling si è rotto. Ancelotti è sempre stato considerato un aziendalista, uno che non è mai andato contro le scelte della società (anche quando apparivano bizzarre: c’era bisogno di una punta centrale abile nel gioco aereo e si è acquistato Ronaldinho sponsorizzato da Berlusconi; serviva da tempo un forte difensore e si è puntato sullo zoppicante Senderos): e alla fine è proprio questo atteggiamento troppo accomodante a renderlo più debole di fronte alle critiche della società.
SOLUZIONI PER IL FUTURO - Ancelotti ha una sola carta da giocarsi, la Coppa Uefa, perché, diciamo la verità, la qualificazione diretta alla Champions League (cioè il piazzamento tra le prime tre in campionato) viene dato per scontato o, comunque, non può bastare a salvare una stagione. Alla vittoria della coppa che ancora manca nella bacheca di via Turati, invece, ci si potrebbe aggrappare per ricominciare ad andare d’amore e d’accordo. In caso contrario ci sono diverse soluzioni sul tavolo dei dirigenti rossoneri che, ultimamente, stanno effettuando sondaggi per capire come certe scelte verrebbero accolte. Quattro i nomi dei possibili sostituti: Leonardo, Donadoni, Rjikaard e Van Basten. Detto che sembra difficile che il Milan punti sui due olandesi (anche se sono i preferiti dai tifosi, come dimostra il sondaggio di gazzetta.it, la corsa al dopo-Ancelotti si restringe a Leonardo e Donadoni. Il brasiliano, che sta terminando il corso per allenatori, è l’ipotesi più affascinante e più «berlusconiana». Il presidente, come fece in passato con Fabio Capello (e come fa spesso in politica), potrebbe scegliere il suo pupillo e portarlo direttamente dalla scrivania al campo, luogo che conosce soltanto in qualità di ex giocatore. Una scommessa che, se si rivelasse vincente, consentirebbe al Cavaliere di appuntarsi un’altra medaglia al petto: cosa che non gli dispiacerebbe affatto.
Andrea Schianchi
«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,
le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»