«Perché c’era già un fotografo ad aspettare quando sono arrivato con l’ambulanza in ospedale?». Lanciando questa domanda Lapo Elkann suggerisce alle colonne del «New York Times» quella che il giornale americano definisce una «teoria straordinaria» ovvero il fatto che la vicenda-scandalo della quale fu al centro 18 mesi fa potrebbe essere stata orchestrata dall’ex direttore generale della Juventus, Luciano Moggi, poi travolto dallo scandalo del calcio che ha stravolto il campionato italiano.
Lapo Elkann racconta a Peter Kiefer, inviato del «New York Times», che due settimane prima di essere ritrovato vittima di un’overdose nella casa torinese del transessuale Patrizia aveva avuto uno scontro verbale proprio con Moggi, nei confronti del quale era stato fra i primi a sollevare dei dubbi. Nella serata di ieri, un portavoce ha precisato che Lapo «ha soltanto ventilato un’ipotesi».
Nell’intervista, Elkann si racconta parlando della sua passione per il design, della scelta di puntare sulla nuova impresa di Italia-Independent «per trasformare la complessità in facilità» e dei sentimenti che lo legano all’Italia: «Amo il mio Paese, gli devo molto e farò per lui qualsiasi cosa che sarò in grado di fare». Kiefer descrive Lapo, incontrato in un hotel bolognese, come uno dei «Kennedy italiani» (ovvero gli Agnelli) che superato lo scandalo è adesso intento a «ripulire la propria immagine».
Quando gli viene chiesto di parlare di se stesso e della propria vita, Lapo la descrive come «una maratona» e un «lungo viaggio», assicurando che aspetta i propri avversari sulla linea d’arrivo e con un sorriso sul volto. Per descrivere tali avversari parla di un aspetto del carattere italiano che ha a che vedere con l’invidia sociale: «Se in America si ha successo non bisogna scusarsi con nessuno, in Italia invece il successo viene invidiato e l’invidia è la peggiore, peggiore, peggiore cosa del mondo. E’ facile per me dirlo perché ho avuto più di molti altri ma alla fine non ho mai invidiato nessuno. Non auguro a nessuno di perdere il proprio tempo invidiando qualcun altro». Il giudizio del giornale di Times Square è che «Mr Elkann sa una cosa o due sulla gestione dell’immagine, è stato in passato direttore della promozione mondiale del marchio Fiat e gli è stato attribuito il ringiovanimento dell’azienda attraverso il lancio del simbolo Fiat su maglioni, bottiglie di vino, orologi, valige e cioccolata» al punto tale che «tanto sulle prime pagine dei tabloid che nei giornali economici è diventato l’immagine pubblica della Fiat».
L’intervistatore descrive ai suoi lettori un Lapo Elkann a tutto tondo: prima indica nel suo «disprezzo per le convenzioni» e nella sua «imprevedibilità» il punto debole di un carattere capace di «infiammarsi», poi sottolinea che «lui stesso ammette di non essere un santo». Alle sollecitazioni del giornalista che gli chiede di descrivere il proprio carattere, Elkann risponde: «Sono una personalità ossessiva. Quando sei così devi fare attenzione guidare con successo. Ci sono momenti nella tua vita quando stai guidando bene ma cambi, cambi male e ti fai male. E’ come un incidente di macchina: tutti ne facciamo ed io sono stato molto fortunato a non morire in quell’incidente».
Il giornalista si sofferma anche sullo show televisivo che include un personaggio dalle evidenti somiglianze con Lapo Elkann e l’intervistato reagisce così: «Bisogna riderci sopra, se uno viene da una famiglia come la mia e sceglie di misurarsi nel fare cose nuove ed avere successo e poi diviene oggetto di satira non bisogna fare niente altro che accettarlo».