Il medico spagnolo al centro dell'Operacion Puerto, invitato a tenere una conferenza ai cicloamatori: "Il ciclista è come il minatore: rischia, ma è il suo lavoro. Con queste medie, è impossibile correre una Vuelta a pane e acqua"
MASPALOMAS (Spa), 5 dicembre 2007 - "El Doctor" arriva con un’ora di ritardo. L’ultima parte passata a negoziare con gli organizzatori il tono e il tema delle domande che gli saranno poste. Eufemiano Fuentes si presenta in giacca beige di lino, camicia blu, pantaloni neri. Occhi azzurri e fare da grande ammaliatore, più George Clooney che Doctor House. Arriva all’Hotel H10 di Maspalomas, Isole Canarie, dopo 7 ore in ambulatorio: medicina familiare, 80 visite "e nessuna preoccupazione, posso prescrivere qualsiasi medicina senza dover pensare a controlli antidoping o altro. Il ciclismo? Una cosa del passato. Tanti bei ricordi, e ancora moltissime offerte di lavoro. Ma la decisione è stata presa e indietro non si torna. Non lo seguo neanche di striscio, in tv guardo telegiornali e documentari".
INVITO IMBARAZZANTE - Per strano che possa sembrare, Fuentes è stato invitato a tenere una conferenza sulla medicina dello sport dagli organizzatori della Vuelta a Maspalomas, alla quale partecipano oltre 300 cicloamatori in arrivo da tutto il mondo, Italia compresa. Pochi, una cinquantina, hanno però voglia di ascoltare cosa ha da dire il principale attore dell’Operacion Puerto, che il 23 maggio 2006 ha travolto e sconvolto il mondo del ciclismo, sfiorando gli altri sport. Alcune domande, poi la conferenza. Fuentes non ha gran voglia di sottoporsi al contraddittorio, cita ragioni legali ("Il procedimento è archiviato, ma non chiuso") però è evidente il disagio. Perché Fuentes ha le sue idee, sul doping e sulla medicina sportiva. E la serata, pur condotta col freno a mano tirato, lo dimostra. "No, non si può correre una Vuelta a pane e acqua. O meglio: si potrebbe se si andasse a 28 orari di media, non a 42. I grandi Giri dovrebbero modificarsi radicalmente, oppure sparire".
QUANTI DANNI - Eufemiano nella sua conferenza usa 19 slide: almeno 15 sono negative. O immagini di gravissimi infortuni (di altri sport, non del ciclismo) o grafici che descrivono i danni provocati dallo sport di alto livello (e non solo). Usa un linguaggio tecnico che è poco comprensibile ai più, ma che testimonia l’enorme conoscenza del corpo umano e delle sue debolezze. "Il ciclista è come il minatore: sa che cosa rischia, ma quello è il suo lavoro. Lo sport pregiudica la sua salute, e il medico lo deve aiutare".
IPOCRISIA - Difende le sue teorie, Fuentes: "Qualche mese fa è morto un calciatore, Antonio Puerta (difensore del Siviglia, ndr). Soffriva di una patologia cardiaca che non è stata diagnosticata, se non con l’autopsia. Io penso che s’investa troppo poco nella prevenzione e troppo nella penalizzazione. C’è grande ipocrisia. In alcuni casi, infortuni o altro, i prodotti considerati dopanti sono la miglior cura, ma sono proibiti. I ciclisti come criminali? Certamente si permettono violazioni della privacy impensabili in uno Stato di diritto. Ma il ciclista è nato per soffrire, e accetta tutto o quasi". Alla fine di tutto il polverone, ha pagato quasi solo Ivan Basso: "Davvero? Non lo sapevo. Non seguo più il ciclismo". Questo è Eufemiano Fuentes, uno che accusa la stampa, e si lamenta di essere stato linciato pubblicamente, pur non avendo fatto nulla. "Perché il medico vuole solo il bene del ciclista, non il male". Ma quelle sacche di sangue sequestrate nel suo studio a Madrid, di male, anche al ciclismo, ne hanno fatto. Eccome.