Come tenere in piedi gli zoppi....
Siccome non l'ha ordinato il medico che in Champions League debbano andare sempre le stesse 4 squadre, e cioè Inter, Milan, Juventus e una a scelta tra Roma e Fiorentina, la domanda che è giusto porsi, a questo punto del campionato, è: vogliamo dare a Napoli, Sampdoria, Palermo e perché no anche a Genoa, Cagliari e Bari, la possibilità di aspirare al quarto posto in classifica, quello che permette di accedere ai preliminari-Champions? La domanda, che potrebbe sembrare retorica, non lo è. E non lo è perché la Juventus, che con la sua spaventosa crisi ha aperto un vuoto nelle parti alte della classifica, dopo aver perso posizioni su posizioni si sta riavvicinando al fatidico 4° posto non tanto per meriti propri, quanto per colossali omaggi degli arbitri. Scandalo è una parola grossa, ma mentre il Napoli – che stava viaggiando ai cento all'ora – è stato mandato in testacoda a più riprese, col vergognoso epilogo di Udinese-Napoli (Maggio atterrato in area da Isla: invece del rigore che avrebbe portato il Napoli sul 2-1, il napoletano è stato espulso per simulazione e alla fine gli uomini di Mazzarri hanno perso la partita), i fatti dicono che negli ultimi 3 match – e cioè dall'inizio dell'era Zaccheroni – la Juventus ha pareggiato o vinto le sue partite grazie ai colossali abbagli dei direttori di gara.
Per chi si fosse distratto. La Juventus ha pareggiato 1-1 contro la Lazio grazie a un rigore completamente inventato per una caduta di Del Piero in area (Diakite ammonito), ha pareggiato 1-1 a Livorno grazie a un gol in fuorigioco di Legrottaglie (al di là di tutti i difensori già al momento della punizione battuta da Diego: quindi un fuorigioco statico, facilissimo da rilevare per il collaboratore, in linea con la difesa schierata del Livorno) e ha battuto il Genoa 3-2 grazie a un rigore completamente inventato per un'ennesima caduta di Del Piero in area (il tocco impercettibile di Papastathopoulos è avvenuto fuori area: al massimo Mazzoleni avrebbe potuto fischiare il calcio di punizione). Sia quel che sia, i tre clamorosi omaggi sono valsi alla Juve qualcosa come 4 punti in classifica: 1 per l'1-1 con la Lazio, 1 per l'1-1 di Livorno, 2 per il 3-2 contro il Genoa. Senza questi 4 punti, nella lotta per il 4° posto la classifica direbbe oggi: Sampdoria e Napoli 39, Palermo 37, Genoa 36, Cagliari 35 (con una partita da recuperare), Juventus 34. Ben altra musica rispetto all'unica classifica che conta, quella reale, che vede invece la Juve sesta a quota 38 a -1 da Sampdoria e Napoli, appaiate in quarta piazza.
Che per la Juventus il fallimento del traguardo-Champions equivalga a una tragedia, prima sportiva e poi economica (tra mancati introiti Uefa e televisivi, deprezzamento del parco giocatori e minor gettito degli sponsor il danno è stato calcolato in 60 milioni di euro), è chiaro e dispiace: ma con tutto il rispetto per il club che vanta il maggior numero di tifosi in tutto lo Stivale, non esiste solo la Juventus. E se è vero che nel calcio – come nella vita – si può vincere e si può perdere, almeno fino a prova contraria, il tracollo di una Juve fuori dalla Champions vorrebbe dire disperazione per dirigenti e tifosi bianconeri, ma manna dal cielo per un Napoli, o una Sampdoria, o un Palermo, che per una volta vedrebbero premiati, sportivamente ed economicamente, i loro sforzi. Forse che i tifosi del Napoli hanno meno diritto di quelli della Juventus di desiderare la Champions League? Forse che De Laurentiis, Garrone o Zamparini non sarebbero felici di ricevere una pioggia di denaro da Uefa e televisioni, oltre alla soddisfazione di vedere i loro club sfidare un Manchester o un Real Madrid, un Bayern o un Barcellona?
Quello che sta succedendo nel campionato di serie A, con la Juve barcollante e chiusa all'angolo e l'arbitro che la sorregge e la tiene in piedi, rifiutandosi di contarla, in attesa del suono del gong, non rende onore al nostro movimento. Così come non rende onore alla carriera del capitano l'ultima versione di Alex Del Piero: trasformatosi in un pietoso sgraffignatore di rigori (regalo di arbitri cacasotto), in un cascatore da strapazzo, un campione che ha trasformato la carta del fair-play in un rotolo di carta igienica.