Cincinnati da record.... negli arresti

NEW YORK, 26 gennaio 2007 - L’ultimo a pagare il conto con la giustizia è stato ieri Chris Henry: due giorni di prigione per aver fatto bere due minorenni nella sua stanza d’albergo. Una sciocchezza, considerando che questo era il suo quarto arresto negli ultimi quattordici mesi, primatista assoluto della sua squadra. Perché comunque i Cincinnati Bengals non scherzano: altri otto giocatori sono finiti in manette negli ultimi nove mesi. La Nfl, inoltre, potrebbe usare con Henry la mano pesante, perché il wide receiver era già stato sospeso nel corso di questa stagione per due giornate per aver violato il regolamento della Lega che proibisce l’uso di sostanze stupefacenti. Solo pochi giorni fa era stato arrestato per possesso di marijuana il suo compagno, Jonathan Joseph, mentre si trovava alla guida della sua auto, che rischia un anno di carcere. Un mese fa era stato fermato invece un altro Bengal, Delta O’Neal, bloccato mentre zigzagava pericolosamente sull’autostrada in stato di ebbrezza. In precedenza erano stati fermati Frostee Rucker e A.J. Nicholson (abusi sessuali nel mese di aprile), Matthias Akew (ostacolo alla giustizia in luglio), Eric Steinbach (guida di un natante in stato di ubriachezza in agosto), Odell Thurman (guida pericolosa in settembre), Reggie McNeal (resistenza alla polizia durante un arresto a dicembre).
Ma i Bengals non sono un’eccezione nello sport Usa. Un altro caso eclatante sono stati, nel recente passato, i Portland Trail Blazers della Nba, celebri più per le loro bravate con la legge che non per le imprese sul parquet. Al punto da meritatarsi il soprannome di Jail (prigione) Blazers. Ma se si rilegge la cronaca nera degli ultimi anni, sono molte decine i giocatori professionisti e universitari finiti davanti a un giudice. Quasi sempre per reati legati all’uso di droga o violenze domestiche e sessuali.
Ma i Bengals non sono un’eccezione nello sport Usa. Un altro caso eclatante sono stati, nel recente passato, i Portland Trail Blazers della Nba, celebri più per le loro bravate con la legge che non per le imprese sul parquet. Al punto da meritatarsi il soprannome di Jail (prigione) Blazers. Ma se si rilegge la cronaca nera degli ultimi anni, sono molte decine i giocatori professionisti e universitari finiti davanti a un giudice. Quasi sempre per reati legati all’uso di droga o violenze domestiche e sessuali.