Paparesta, la verità del padre
Inviato: 18 lug 2007, 10:11
Il «sistema Moggi» raccontato dall’interno è una tappa lunga 19 pagine di verbali. «... Lanese mi disse che c’era in circolazione solo una persona che poteva aiutarmi in concreto a diventare designatore; questa persona era Luciano Moggi che, secondo Lanese, aveva influenza sullo stesso Carraro...». A parlare agli inquirenti napoletani è Romeo Paparesta, ex arbitro papà del fischietto di Bari. Comincia così il suo racconto, una deposizione che, nelle intenzioni di chi l’ha consegnata ai pm partenopei, deve mettere ordine su uno dei capitoli più discussi di Calciopoli: il perché di quelle sim svizzere regalate da Moggi ad alcuni direttori di gara che hanno fatto scattare l’accusa di associazione a delinquere per i personaggi coinvolti.
Romeo Paparesta ripercorre minuziosamente il viaggio della sim con un unico comune denominatore: «... mio figlio Gianluca non l’ha mai usata». Così, sulla scena ecco entrare via Petrarca a Napoli, l’abitazione di Moggi, un giorno di settembre del 2004. Sul tavolo, arriva il desiderio di Paparesta senior di ottenere un ruolo nel mondo arbitrale. «... magari potevo tornare utile a quel discorso che lui (Moggi, ndr) faceva circa il fatto che bisognava tutelare gli interessi della Juve rispetto al potere esercitato da milanesi e romane... lui avrebbe avuto piacere ad ascoltare le mie osservazioni circa l’arbitraggio di quelle partite che più gli stavano a cuore... tirò fuori e mi consegnò un apparecchio Nokia e mi disse che potevo tranquillamente utilizzare questo telefono...». La sim svizzera, dunque. Moggi ne darà altre al papà di Paparesta (una nel parcheggio dell’Hotel Hilton) che trae le sue conclusioni. «... devo essere sincero e dire che compresi, abbastanza bene, che il dirigente Juve aveva un suo interesse ad avviare un rapporto con me, non tanto per la mia persona, ma perché questo poteva risultare utile per superare i problemi creati dalla presenza di un arbitro come mio figlio che Moggi, evidentemente, riteneva ostile alla Juve...».
Ammorbidire il padre per conquistarsi i buoni uffici del figlio, questo, secondo Paparesta senior, il progetto-Moggi. Lui, Gianluca Paparesta, nega di aver mai avuto rapporti con Moggi se non nel dopo Reggina-Juventus, la sfida del sequestro negli spogliatoi («Me lo passò mio padre al cellulare»). Non sa di altri colleghi coinvolti così come non lo sa il padre. Il suo futuro è appeso al nuovo codice di giustizia sportiva: Paparesta jr non può dirsi pentito, ma collaboratore sì. E, per i collaboratori, dal primo luglio è previsto lo sconto della pena.
fonte la stampa
Romeo Paparesta ripercorre minuziosamente il viaggio della sim con un unico comune denominatore: «... mio figlio Gianluca non l’ha mai usata». Così, sulla scena ecco entrare via Petrarca a Napoli, l’abitazione di Moggi, un giorno di settembre del 2004. Sul tavolo, arriva il desiderio di Paparesta senior di ottenere un ruolo nel mondo arbitrale. «... magari potevo tornare utile a quel discorso che lui (Moggi, ndr) faceva circa il fatto che bisognava tutelare gli interessi della Juve rispetto al potere esercitato da milanesi e romane... lui avrebbe avuto piacere ad ascoltare le mie osservazioni circa l’arbitraggio di quelle partite che più gli stavano a cuore... tirò fuori e mi consegnò un apparecchio Nokia e mi disse che potevo tranquillamente utilizzare questo telefono...». La sim svizzera, dunque. Moggi ne darà altre al papà di Paparesta (una nel parcheggio dell’Hotel Hilton) che trae le sue conclusioni. «... devo essere sincero e dire che compresi, abbastanza bene, che il dirigente Juve aveva un suo interesse ad avviare un rapporto con me, non tanto per la mia persona, ma perché questo poteva risultare utile per superare i problemi creati dalla presenza di un arbitro come mio figlio che Moggi, evidentemente, riteneva ostile alla Juve...».
Ammorbidire il padre per conquistarsi i buoni uffici del figlio, questo, secondo Paparesta senior, il progetto-Moggi. Lui, Gianluca Paparesta, nega di aver mai avuto rapporti con Moggi se non nel dopo Reggina-Juventus, la sfida del sequestro negli spogliatoi («Me lo passò mio padre al cellulare»). Non sa di altri colleghi coinvolti così come non lo sa il padre. Il suo futuro è appeso al nuovo codice di giustizia sportiva: Paparesta jr non può dirsi pentito, ma collaboratore sì. E, per i collaboratori, dal primo luglio è previsto lo sconto della pena.
fonte la stampa