E' una storia bella, romantica, di quelle che, di tanto in tanto e dopo tanto schifo (vedi caso Maldini) ti fanno riconciliare con il pallone. Una cosa semplice, banale, ma rara. E incredibile, almeno per Mazzone: "Buongiorno, come sta? Verrebbe a vedere la finale di Champions all'Olimpico?" - gli ha chiesto la voce al telefono - E lui: "Scusi, ma chi parla". Risposta: "Sono Pep Guardiola". Roba da rimanerci stecchiti per l'emozione.
Niente di che, per carità, ma il gesto è bello e va sottolineato. Perché un conto è essere riconoscenti a parole, come fanno in molti, nelle interviste che ripassano la propria storia, ricordando il primo maestro. Un altro è tradurre in fatti le intenzioni. Fatti piccoli, ma significativi.
Una cosa, in questo senso, va capita. Immaginata, per essere precisi: Guardiola è giovane, famoso, è un allenatore che ha avuto immediatamente successo ed è ben pagato. E' uno, per dirla in altre parole, che di queste cose se ne potrebbe tranquillamente fregare. Altri, senza le sue vittorie, lo fanno. Dimenticano il passato per la convinzione che hanno di essere presente e futuro. Guardiola invece non è così. Lui sa guardarsi indietro, ricordare e, nel caso specifico, sentirsi grato a chi gli ha insegnato il mestiere. A Mazzone, insomma, che, commosso, ha raccontato l'episodio: "L'ho avuto come giocatore due anni a Brescia ma non mi aspettavo di essere ricordato da Pep Guardiola nel suo momento più importante, la finale Champions all'Olimpico. Invece mi ha chiamato per salutarmi e invitarmi alla finale dell'Olimpico con il Manchester. Io ho detto, 'ma chi parla?' E lui, 'sono Pep Guardiola'. Pensavo a uno scherzo. Sono veramente commosso, Pep è stato meraviglioso". Vero, meraviglioso. Da applausi.
27 maggio 2009
sportmediaset.it