Mario Balotelli ha 19 anni ed è antipatico (quasi) a tutti. Due cose che, per fortuna, non c’entrano niente con la scelta pseudo-razzista che rappresenterebbe – secondo alcuni - non portarlo ai mondiali di Sudafrica 2010. La sua colpa è quella di essere dannatamente figlio della sua età. Quindi ancora caratterialmente immaturo, a volte strafottente, spesso discusso più per i comportamenti che per la qualità come calciatore, quella si, indiscussa.
“Sono anni che vado negli stadi e mi sento dire di tutto, mi pare che quelli in questione non fossero razzisti". Fabio Cannavaro si esprime cosi sui cori che domenica, allo stadio delle Alpi di Torino, hanno dato il via al tam-tam del “Corriere della sera” prima e di “FFwebmagazine” poi. In pratica si ipotizza che portare Balotelli ai mondiali sarebbe una grande risposta ai cori razzisti e un simbolo per tutti quegli immigrati che lavorano duramente e fanno ormai parte della nostra società.
E’ un peccato che proprio i calciatori che erano presenti domenica scorsa a Torino – in primis il capitano della nazionale - smentiscano i cori, definendoli normali, tanto che anche il giudice sportivo Gianpaolo Tosel ha punito la Juventus solo con un'ammenda di 20mila euro per i "cori insultanti" rivolti dai suoi tifosi a Balotelli. Insultanti, quindi gravi, ma non razzisti. Inoltre, non risulta che alcun rappresentante di una qualsivoglia minoranza abbia mai chiesto che venisse preso in considerazione uno sportivo solo perché fa parte di quel gruppo di persone.
Il suo allenatore nell’Inter, Jose Mourinho, ha ben centrato il problema, quando dopo una prestazione opaca ha dichiarato: “Balotelli? Vicino allo zero”. In pratica, il classico caso di un giocatore incostante e non ancora pronto. Inutile allora invocare provocatorie convocazioni nella squadra italiana dei mondiali, Balotelli non ci andrà perché non lo merita come sportivo e il primo a dirlo spesso è il suo coach. Probabilmente è una motivazione ideologicamente troppo povera per essere accettata dai benpensanti, ma di questo si tratta.
A rafforzare questa tesi anche le parole di chi lo incrocia sui campi di serie A e dovrebbe ritrovarlo in nazionale, come Simone Perrotta, giocatore della Roma: "Non mi piace come si comporta, ha un brutto modo di fare. Non é per i falli che fa, quelli ci stanno, ma l'atteggiamento successivo che infastidisce". Un'altra giovane promessa come lui (classe '89) in forza al Milan, Pato, ha detto che "in campo dovrebbe essere più tranquillo, così migliorerebbe sicuramente anche il suo rendimento". Se a dirlo sono dei colleghi ci deve essere un fondo di verità.
E’ sicuramente vero, d'altra parte, che uno come lui è soggetto ai “buuu” negli stadi, ma nella maggior parte dei casi per il comportamento sopra le righe e non per effettiva discriminazione. Alla base di ogni fischio c’è prima di tutto la componente da tifoso invidioso del campione della squadra avversaria, che naturalmente può essere abbinata anche ad una razzismo vero e proprio.
Sono ancora davanti agli occhi di tutti i casi Samuel Eto’o (ai tempi del Barcellona), vittima dei cori “scimmieschi” degli spalti spagnoli e Marc Zoro, che durante un Messina-Inter voleva sospendere la partita portando il via il pallone in seguito a “jingle” ripetuti nei suoi confronti. Nessuno però si sogna di fischiare un vicecampione mondiale di salto in lungo come Andrew Howe Besozzi, che non appartenendo a nessuna squadra ed essendo solo un rappresentante italiano, ottiene il sostegno unanime di tutti i tifosi.
Quello che si vuole far credere, in sostanza, è che il problema si risolverebbe in un sol colpo - dando una bella lezione a tutti i maleducati - convocando il buon Mario in azzurro. Non scherziamo, nessuno può pensare che una pratica barbara e becera venga estirpata semplicemente inserendo un nome in una lista. Sarebbe addirittura offensivo nei confronti di chi in questi anni si è impegnato veramente per risolvere il problema, lavorando sul territorio, occupandosi dei bambini nelle scuole calcio e della loro crescita corretta.
Inoltre non sarebbe una novità assoluta se Balotelli facesse parte della spedizione, già nel 2004 Matteo Ferrari partecipò agli europei. Ferrari ha origini algerine, oltre che una carnagione tipica più di quelle parti che nostra. Marcello Lippi stesso non vede l’ora di poter convocare il brasiliano Amauri e considera un titolare fisso l’oriundo Camoranesi, a dimostrazione del fatto che problemi non ne avrebbe a chiamare anche altri (basta che non si chiamino Cassano). Qui il ragionamento che va fatto è diverso.
Il punto focale è quindi l’educazione delle persone, l’abitudine a diverse realtà che condividono uno stesso spazio. Su questo bisogna lavorare. Sono del tutto inutili campagne mediatiche per imporre al grande pubblico una scelta all’insegna del politically correct o, come si dice a Roma, del “volemose bene”. Si rischia l’effetto boomerang, con la concreta possibilità che il 19enne poi venga fischiato ancor di più e accusato pure di essere raccomandato.
Se tutto andrà nel verso giusto Mario, ragazzo che “si farà”, meriterà una convocazione esclusivamente per i suoi meriti. Ad oggi però Mario Balotelli ha 19 anni ed è antipatico (quasi) a tutti. Questo – per lui - è il problema vero.