Facebook fa diventare 'fannulloni'? La parola alle aziende
Roma, 21 nov. (Ign) - 4 milioni di italiani sono contagiati da Facebook: molti di loro non possono fare a meno di accedere al loro profilo anche più volte al giorno e, di conseguenza, dall’ufficio. Le aziende cominciano a impensierirsi all’idea che i dipendenti possano perdere troppo tempo per chattare con gli amici, scambiarsi foto ecc., e c’è chi addirittura parla di negare l’accesso al social networking dal posto di lavoro, come annunciato da Poste italiane e da alcune amministrazioni pubbliche.
Ma si può impedire di accedere a Facebook in orario d’ufficio? Certamente sì, risponde a Ign, testata on line del Gruppo Adnkronos, Pietro Ichino, senatore del Pd ed esperto di diritto del lavoro, che precisa: ''Tutta la strumentazione in ufficio deve essere utilizzata essenzialmente per fini di ufficio; questo vale sia per gli strumenti tradizionali che per quelli telematici e informatici''. Dunque, se lo ritiene opportuno, continua l’esperto, ''il datore di lavoro può limitare la funzionalità di un terminale internet ai soli usi che interessano all’azienda''. E potrebbe avvenire per Facebook come per la posta elettronica, per la quale è molto diffusa una direttiva aziendale ''che avverte i dipendenti della possibilità che la posta di ufficio sia letta anche da persone diverse dal singolo intestatario della mailbox - argomenta Ichino - e li invita a chiedere eventualmente l’apertura di una casella personale se ritengono di intrattenere una corrispondenza riservata. Ma, a rigore, il lavoratore dipendente non avrebbe diritto a intrattenere corrispondenza personale riservata in orario di lavoro e con la strumentazione di ufficio''.
Si dice inoltre che alcune imprese americane usino Facebook come strumento di selezione del personale, fingendosi ''un amico'' del candidato per conoscere i suoi gusti, le persone che frequenta e farsi un’idea più precisa della persona che aspira al posto. Un comportamento, questo, avverte però il professore, assolutamente inammissibile: ''le indagini del datore di lavoro sulla vita privata, le opinioni e i modi di essere personali dei dipendenti o aspiranti tali, che non rilevino sul piano professionale, non sono assolutamente consentite dal diritto''.
Se ci sono aziende che hanno paura del social network in ufficio, ce ne sono altre che al contrario incentivano ogni scambio di informazioni via web, per facilitare la comunicazione interpersonale e rendere più stimolante l’ambiente di lavoro. Ad esempio Luca Valerii, direttore delle Risorse umane di Microsoft Italia, dice a Ign: ''Microsoft non ha la cultura del controllo su quello che fanno i dipendenti. Fissiamo degli obiettivi personali per tutti, che vengono definiti con i rispettivi responsabili. Poi, come questi obiettivi vengano raggiunti, se da casa o in ufficio, entrando la mattina presto o più tardi, noi non lo vogliamo vigilare''. Microsoft, spiega ancora il direttore, ha una convinzione: ''L’importante è raggiungere gli obiettivi adattando lo stile lavorativo a quello che è il comportamento di una persona''. Quindi ''poche regole, non ci sono timbrature all’ingresso, c’è molta libertà e molta flessibilità''. Certamente, Valerii sottolinea l’importanza dell’utilizzo ''degli strumenti di lavoro in maniera corretta''. E Facebook può essere uno degli strumenti, nel quale il colosso di Redmond ha investito ed è ''interessato alla sua evoluzione''. Nessuna interdizione, dunque, all’utilizzo dei social network in azienda, ''in Microsoft non succederà mai''.
Dall’entusiasmo dell’azienda top della new economy internazionale alla cautela espressa da Mario Dal Co, consigliere per l'Innovazione del Ministero per la Pubblica amministrazione e Innovazione. ''Facebook - dice - come tutte le cose può essere impiegato bene o male: chi lavora con impegno e diligenza lo troverà uno strumento eccellente, gli altri invece ne faranno probabilmente un cattivo uso''. Il ministero, precisa, non ha nessuna posizione specifica su questo fenomeno: ''lo seguiamo con grande interesse, facendo attenzione soprattutto all’emergere di comportamenti virtuosi replicabili anche nelle PA''. Tuttavia, è assolutamente prematuro pensare che i social network possano costituire per il ministero un terreno di sviluppo: ''il nostro obiettivo è ancora quello di intercettare la grande fascia di popolazione che non solo non conosce Internet e i social network, ma nemmeno legge, guarda i tg o apre un giornale'', sottolinea il consigliere.
Cosa accade infine in una grande azienda di servizi? La romana Acea è un gruppo industriale attivo nell'acqua, nell'energia elettrica, nell'illuminazione pubblica e nel gas: riguardo all'acqua è il primo operatore idrico in Italia, servendo il 12% della popolazione nazionale. Azionista di maggioranza è il Comune di Roma. E qui, ci dicono, i dipendenti possono tranquillamente accedere a Facebook e non ci sono restrizioni all’orizzonte.
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