«Perché me lo hanno trattato così?»
Parla la madre del ragazzo suicida: «I compagni lo hanno isolato dal gruppo. Lo lasciarono solo, come se non fosse uno di loro»
TORINO - «Perchè me lo hanno trattato così? Non aveva fatto niente di male, era tanto buono. Era una persona, un essere umano come tutti loro». La madre piange nel dare la spiegazione del suicidio del figlio, sedicenne, che martedì scorso, a Torino, si è tolto la vita lanciandosi dalla sua abitazione al quarto piano per il disagio che provava a scuola, dove i compagni lo avevano emarginato e, per deriderlo, gli dicevano anche che era omosessuale.
LO SFOGO - «Lunedì - racconta la donna - è tornato a casa dicendo di sentirsi molto stanco e molto triste. Voleva andare subito a dormire. Il giorno dopo sarebbe dovuto andare a lezione alle 8.50, ma mi aveva chiesto di stare a casa per studiare e riposarsi. Sono uscita e dopo un po' mi ha chiamato mio figlio maggiore, raccontandomi quanto era successo». La donna ha sposato nel 1989 un agricoltore, dal quale ha avuto tre bambini. Lui era il secondo. «I miei figli sono bravi, educati. Gli ho sempre raccomandato di studiare, e in effetti a scuola vanno benissimo». Ma all'istituto tecnico che frequentava il figlio aveva dei problemi. «Io lo sapevo - dice la madre - anche perchè all'inizio del precedente anno scolastico si era confidato con me. Diceva che lo prendevano in giro, che gli dicevano "sei un gay", "ti piacciono i maschi". Ne avevamo anche parlato con il preside. All'inizio non voleva più andare in quella classe. Poi vi continuò il corso di studi. E i compagni lo isolarono dal gruppo. Lo lasciarono solo, come se non fosse uno di loro, come se fosse diverso. Io ero preoccupata. Gli chiesi se voleva andare da uno psicologo, mi rispose di no. Non è giusto - conclude la signora - non me lo dovevano trattare così».