di Aragorn il 11 set 2007, 15:05
Ho letto anch'io, all'inizio con dif fidenza, i vaff di Beppe Grillo e nor sarei severo con lui quanto te; nor lo liquiderei con un'alzata di spalle e un sorrisino di compatimento. Intercettare gli umori e malumori di un popolo non è da tutti. Il comico viceversa in questo è un maestro. Se poi i vaff gli servono per coagulare intomo a sé una sorta di movimento di protesta organizzata, beh, mi sembra doveroso prestare attenzione piuttosto che sottovalutare.
Prima ancora di domandarmi dove egli voglia arrivare, cercherei di capire dove sia partito e perché. L'impressione è che Grillo, al pari di tanti italiani, siamosso da una cocente delusione. La sinistra, durante tutta la scorsa legislatura, ha attaccato aspramente il governo su ogni fronte. Nulla di quanto facesse Berlusconi era accettabile. Perfino la legge Biagi, che poi era sola ratìfica e il perfezionamento delle iniziative di Treu, fu ed è oggetto di critiche pesanti.
I progressisti erano ossessionati: il Cavaliere è un abusivo di Palazzo Chigi, è oppresso dal conflitto di interessi, non è degno di rappresentare il Paese, il suo posto è in carcere, la situazione finanziaria dello Stato è ai limiti della bancarotta, la gente fatica a campare, gli stipendi non bastano più, i prezzi sono im -pazziti e i pensionati muoiono di inedia. Le statistiche, i commenti, i programmi televisivi, gli articoli di giornale: tutto concordava nel descrivere una democrazia comatosa, una specie di Cile in bilico fra Allende e Pinochet, anche peggio.
Molti, a forza di essere bombardati dalla propaganda negativa, si convinsero che le cose stessero così. E quando si profilò l'ipotesi di riportare in patria Romano Prodi, già cacciato dal centrosinistra, e di rimetterlo alla testa di una coalizione cementata dall'antiberlusconismo, si alimentarono speranze sproporzionate alle potenzialità dell'Unione. Che vinse - si fa per dire - le elezioni perché una crescente quota di cittadini era persuasa bastasse licenziare Silvio per trasformare la penisola da lager in giardino della felicità. Tant'è che Prodi in campagna elettorale disse testualmente: votatemi e vi renderò felici.
In effetti la felicità della vittoria (anzi, del defenestramento di Berlusconi) fu tale nell'area degli ulivetani e affini che ancora oggi peri comunisti (Diliberto, Giordano eccetera) l'imperativo categorico è.resistere resistere resistereenon cedere labarra all'orrido capitalista di Arcore. Tuttavia, come sempre, un eccesso di aspettative inoculate nella popolazione provoca al primo intoppo (figuriamoci al secondo o al decimo) un eccesso di delusione.
Tutti si sono resi conto che l'andazzo è immutato rispetto ai tempi della Casa delle libertà: le paghe seguitano ad essere da fame, le pensioni pure, i precari (preferibili comunque ai disoccupati) sono ancora precari, l'economia è depressa, il debito pubblico è salito nonostante gli inasprimenti fiscali. Insomma se schifo era schifo rimane. Con una aggravante per un esecutivo di sinistra: il Welfare in pratica non esiste più, perché le risorse ad esso destinate vengono totalmente assorbite dal sistema pensionistico antiquato - quanto mai oneroso -, da quello sanitario e dall'impiego pubblico col suo organico gonfiato e gravato da fannulloni stipendiati. Alla famiglia, all'infanzia, agli anziani, ai disoccupati non resta un euro.
Ciò premesso, si comprende il motivo della strisciante insoddisfazione intercettata abilmente da Beppe Grillo e convogliata nel suo movimento di piazza che tu, Giampiero, con una forzatura giudichi analogo a quello di Guglielmo Giannini (L'uomo qualunque) sconosciuto alla maggior parte dei contemporanei giacché questi ebbe un ruolo al declinare degli anni Quaranta
Desidero rammentare: il Qualunquismo fu un fenomeno sconvolgente e di portata enorme al punto che De Gasperi, per battere alle urne il frontismo, fu obbligato a trattare con Giannini. Il quale, non è stato accertato se per ingenuità o sfinimento, accolse la proposta indecente della Democrazia cristiana: quella di farsi inglobare dai cattolici. La fagocitazione permise a De Gasperi di trionfare, però fece perdere smalto e seguito all'Uomo qualunque che di lì a poco scomparve. Va da sé che al commediografo fondatore bisognerebbe erigere un monumento; senza di lui non so quale risultato elettorale avremmo avuto.
Certamente, Grillo per adesso non ha mostrato di essere all'altezza di Giannini, ma attenzione: mai sottostimare l'avversario, specialmente se debole sulla carta. Il rischio è quello che si corre nello sport: buscarle proprio da chi affronti con sufficienza. Tanto più che il popolare Beppe butta in gioco soltanto la sua faccia, faccia da comico; e oggi i satirici fanno più politica e con maggiore incisività dei politicanti. L'antipolitica montante potrebbe agevolarlo. Perché l'insofferenza verso i "sovrani" non è un sentimento nuovo o astratto dalla realtà; ha radici profonde e germoglia periodicamente. L'ultima volta fu nel 1992, e si scatenò un casino.
Se il sommovimento in atto trova chi è in grado di sfruttarne l'energia, andiamo incontro a un altro casino. Garantito. Sospetto che Grillo abbia intuito la direzione del vento e non chieda molto per salire sul carro: qualche regolina discutibile ma non folle, le stesse cose che reclamava Bossi, non tutte.
Fossi in Lorsignori, vorrei Beppe con me e non contro.
«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,
le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»