di luigi Santambrogio
Ora sono certo': c'è qualcuno che mi vuole male e anche un pochino morto. Se non fossi scettico e miscredente a tutte le superstizioni, fatture, riti vudu, gatti neri e orsi bianchi, direi che ci dev'essere in giro, magari acquattato tra i colleghi d'ufficio, un impunito che dallo sprofondo mi ha lanciato il malocchio. Qualche magonzo o stregaccia che, da nove mesi a questa parte, mi procura brucianti ferite e dolorose fratturelle. L'ultima, l'altro ieri: un tizio pensa bene di fare una rapida e sciagurata inversione a U su uno dei viali più trafficati di Milano e mi offre l'occasione per un doloroso quanto non richiesto scambio di cadute. La mia Harley 883 rosso-corsa contro la sua Audi4: carburatore doppio corpo Firewinfder (il mio) a pezzi, freno a disco anteriore strappato, ruota con cerchi in lega stortata come quella di un triciclo delle comiche. Capita, dirà il solito che se ne intende. Già, capita, coincidenze senza senso, ma a questo punto, come suggeriva l'impareggiabile Agatha Christie, due coincidenze fanno un indizio. Figuriamoci tre: sono più che sufficienti a inchiodare un killer di media destrezza. Sì, perché le coincidenze, che nel mio caso si chiamano incidenti, sono arrivate al numero mistico della triade. Imprudenza e imperizia non bastano a spiegare il tutto: un solo caso su tre, la colpa è del sottoscritto. Quanto alla legittima suspicione sulle capacità motociclistiche, occorre che si sappia che in dieci anni di tranquilla attività (circa I5O mila chilometri percorsi e 4 moto cambiate e tutte perfette), solo il corrente trascorre sotto il segno della rogna.
La formula del burro e del gatto
Dunque, l'interrogativo resta. C'è un disegno, un qualche ordito, meccanismo o diavoleria simile, che, dato l'abbrivio, fila dritto verso lo schianto finale? Scontato e vecchio il detto che la fortuna è cieca, mentre la sfiga ci vede bene. Ma, oggi, la moderna scienza statistica lo ha rispolverato cercando di trovarne una qualche costante probabilistica nella catena delle sfortune. Ne ha ricavato una legge quella che porta il nome di Murphy. La legge, lo desumiamo dall'enciclopedia telematica Wikipedia, si riassume nel primo assioma che recita: «Se qualcosa può andare storto, lo farà». Il fortunato autore della summa sulla murphologia è Arthur Bloch;nel suo primo libro, però, viene citato come originale postillatore tale Edward A. Murphy, ingegnere dell'aviazione americana. Ben presto, la formula si diffuse in tutti gli ambienti, sotto molte varianti. Una famosa applicazione è alla probabilità domestica: la probabilità che una fetta di pane imburrata cada dalla parte del burro verso il basso su un tappeto nuovo è proporzionale al valore di quel tappeto. E c'è pure una sua applicazione in fisica (Paradosso del gatto imburrato): «Se è vero che una fetta di pane cade sempre dal lato imburrato e che un gatto cade sempre in piedi, lasciando cadere un gatto con una fetta di pane sulla schiena nessuno dei due cadrà mai per primo e si avrà il moto perpetuo». Esiste anche una versione quantistica: «Tutto va male contemporaneamente». Paradossi della logica.
La legge è stata estesa a quasi tutti i campi dell'esperienza umana, dall'economia al codice della strada, dalla medicina al sesso, fino ai saldi. E a riprova che la questione è seria, qualche tempo fa un terzetto niente affatto di matti, ha elaborato un'equazione matematica che dimostra l'esattezza della legge del colonnello Usa. Lo studio è stato finanziato dalla British Gas, che proprio sulle suggestioni di Murphy basa la sua più recente campagna pubblicitaria: «Se una cosa può andare male, lo farà, e nel momento meno opportuno», recitano gli spot trasmessi dall'azienda energetica londinese. E le immagini mostrano scaldabagni rotti nel mezzo del gelo invernale, case allagate in piena notte, tubature che esplodono durante i preparativi per un matrimonio. C'è da crederci? Murphy non è altro che la nuova versione internettiana della visione del mondo che trova nei filosofi del pessimismo cosmico (o comico) i suoi fondamentali. Per lei valgono le stesse contestazioni: ci potrebbe essere un'analoga e opposta legge dove, ad esempio, l'assioma di partenza recita così: se qualcosa può andare bene,lo farà. E poi, a discesa, stessi corollari, sia pur di segno opposto. Siamo così tornati daccapo alla irrisposta domanda sul perché della sequenza negativa. 0 meglio, dipende dalla scelta iniziale della coppia positivo-negativo. Non andiamo da nessuna parte. Restano altre polarità a nostra disposizione: caso-intelligenza, pazzia-ragione, apparenza-mistero, necessità-libertà. Tutte riconducibili se vogliamo ad un solo dilemma: esiste o no Qualcuno o Qualcosa che guida i fatti e li volge non contro l'uomo ma in suo favore? Insomma, «la c'è la Provvidenza», come urla il Manzoni, e davvero «il mondo rotola meravigliosamente dalle mani di Dio», come assicura il poeta Albert Verwey? Questione umana, prima che religiosa. Perché è l'uomo, con il suo animo e il suo corpo, a reclamarla.
«0 tutto è casuale, o niente lo è. Se io credessi nella prima affermazione non potrei vivere...». Lo scriveva nei suoi Diari una ragazza ebrea di 27 anni, Etty Hil-lesum, alla vigilia della morte in una camera a gas nel campo di Auschwitz. Eccola la vera malattia, la pena dell'anima. La sua irriducibile nostalgia, l'esigere insistente di un destino in cui i fatti si innescano in una successione amica e buona. La casualità è anch'essa un assioma, una legge indimostrabile e un dogma insostenibile e crudele; la libertà invece ci restituisce a noi stessi.
L'orologio fermo di Flaiano
Eppure da sola non basta a soddisfare il desiderio della meta. Le leggi hanno il carattere della perfezione e però sono inservibili: inutili a svelare il mistero della creatura imperfetta. Non si può vivere solo di verità eterne: ci tocca trovare un posto dentro la realtà, incerta, ribelle, ambigua e a volte cattiva nelle sue curve improvvise. Regole auree e leggi inflessibili guidano il movimento dei pianeti ma non consolano il cuore. Sono stupide, come l'orologio fermo di Flaiano che due volte al giorno grida: «Io spacco il minuto!»
E non ci basta neppure sapere, come cantava Vecchioni, di «essere le uniche stelle sbagliate» nella immensa perfezione del cielo. Perché a noi toccherebbe solo la libertà dei miserabili, la beffa di un rimescolio senza costrutto che ci inchioda ai nostri errori seriali. Ridicoli re, di stracci e di toppe. Proposta indecente e irricevibile.
Le lastre del pronto soccorso, intanto, registrano microfratture e contusioni guaribili in quindici giorni. Ma certificano pure la presenza di un altissimo tasso di libero arbitrio, come risulta anche dal verbale di polizia. Prendiamone atto, è un buon punto per ricominciare. Però ancora resta, impertinente come una goccia, la stessa domanda: siamo davvero noi le sole stelle sbagliate?
Si accettano risposte. Astenersi deterministi e senzasperanze. E quello sfigato di Mur-phy, naturalmente...