di Aragorn il 07 apr 2008, 14:02
Umberto Bossi minaccia di voler “imbracciare i fucili”, mentre Silvio Berlusconi dietro la questione delle schede elettorali confuse fa aleggiare il sospetto di brogli. L’ultima settimana di campagna elettorale registra così un’infiammata inattesa con scambi di colpi tra le parti ed accuse reciproche dove nemmeno Pierferdinando Casini e Fausto Bertinotti decidono in rimanere in disparte. Il primo infatti oggi in una conferenza stampa alla Camera lancia l’allarme di un “regime” visto che secondo lui il ministro Amato sarebbe in queste ore oggetto di pressioni per “obbligare a violare la legge e a creare schede ad hoc nell’interesse delle due coalizioni di Veltroni e Berlusconi”. Mentre il presidente della Camera, ancora per una ventina di giorni, dagli studi di “Porta a Porta” parla di “incostituzionalità” visto che secondo lui ci sarebbe la volontà di realizzare una scheda con “due formazioni con una visibilità particolare e le altre sullo sfondo”. Un’eventualità inaccettabile visto che - continua Bertinotti - “è un diritto imprescindibile che i simboli abbiano la stessa visibilità”. E così, quindi, se questi due mesi avevano evidenziato toni soffusi e tranquilli, l’ultimo giro di boa sta invece segnando più di qualche tensione. Parole grosse, minacce ed attacchi pesanti. Al centro della contesa c’è la questione delle schede elettorali considerate da Pdl, Lega ed Italia dei Valori troppo ingannevoli, al punto da imporre la ristampa. Il problema sarebbe la disposizione dei simboli sulla scheda. Infatti l’eccessiva vicinanza tra questi rischierebbe non solo di creare confusione nell’elettore ma anche di aumentare le possibilità di annullamento della scheda stessa. Da qui la richiesta di ristamparle.
Un’accusa respinta dal Pd che invece fa quadrato attorno al ministro dell’Interno Giuliano Amato. Nessuna ristampa, tutto in regola perché alla fine la questione è una messa in scena del Cavaliere che sarebbe ormai vicino al tracollo elettorale. Un fuoco incrociato di polemiche che quindi rischia di accendere gli animi proprio in vista del voto della prossima settimana. A dare il via alla polemica, che alla fine ha assunto i toni dello scontro istituzionale, proprio il leader del Pdl che sabato aveva posto con forza all’ordine del giorno la questione, rivolgendosi direttamente al Capo dello Stato visto che “non riuscivamo a trovare ascolto dal ministro dell’Interno”. Un appello per “garantire la regolarità del voto” quello del Cavaliere, convinto che le schede elettorali così predisposte dal governo “inducono più facilmente all’errore che all’espressione di un voto regolare”. Da qui la richiesta di ristamparle. Dal Colle però nessun intervento diretto ma la sollecitazione al Viminale a spiegare l’intera vicenda. Spiegazioni che non si sono fatte attendere. Il ministro ha subito escluso una ristampa delle schede in quanto “è impossibile perché una parte sono già stampate e usate e una parte in corso di stampa. Non è che alcuni elettori possono votare con delle schede e altri con altre”. Poi la risposta piccata al Cavaliere: “Non sono a capo di una banda di furfanti sto molto attento a queste cose. Nel predisporre le schede non è stata usata la fantasia ma la legge vigente. Non abbiamo bisogno di essere messi sotto tutela, né l’Italia ha bisogno di essere descritta come un Paese di brogli quotidiani, offrendo una immagine che non dà neanche lo Zimbawe. Non ci sono stati problemi nella passata tornata elettorale e non ve ne saranno ora”.
Quindi nessun problema visto che è stata utilizzata la stessa legge con cui Berlusconi decise le schede elettorali del 2006. Ma i chiarimenti del ministro non hanno placato le tensioni. Ed alle accuse del Pdl si sono aggiunte anche quelle di Di Pietro, convinto anche lui della necessità di ristampare le schede. Anzi per il leader dell’Italia dei Valori c’è addirittura “un errore commesso al Viminale umanamente comprensibile, ma che non si pretenda di avallarlo comunque e a tutti i costi”. Parole pesanti da parte di quello che dovrebbe essere un alleato. Ma l’ex pm non si ferma qui e va avanti: “La scheda elettorale così com’è disegnata graficamente non va e va ristampata con le opportune correzioni”. Una posizione, quella Di Pietro, che ha spaccato l’alleanza con il Pd convinto, invece, della necessità di non rivedere le schede.
Per il momento Walter Veltroni è rimasto defilato decidendo di non intervenire direttamente, ma il suo vice Dario Franceschini, che pure ha ammesso di avere lui stesso avanzato qualche perplessità sulle schede, è passato ad attaccare il Cavaliere. Per il numero due del Pd Berlusconi avrebbe tirato “in ballo la storia delle 'schede-confuse' solo per avere una scusa pronta nell’imminenza della sua vicina sconfitta”. Un botta e risposta polemico che non ha escluso nemmeno la Lega che prima con Calderoli ed infine con Bossi hanno puntato il dito contro le scelte fatte dal governo. Anzi il leader della Lega è andato oltre e nel suo stile ha ammonito che “se necessario, per fermare i romani che hanno stampato queste schede elettorali che sono una vera porcata, e non permettono di votare in semplicità e chiarezza, potremmo anche imbracciare i fucili”. Parole grosse che poi Maroni stesso ha cercato di smorzare parlando di “un modo per esprimere la rabbia per aver subito un torto”.
Rabbia o meno il problema delle schede rimane anche se l’ipotesi di modificarne la struttura è da escludere. Sarebbe necessario un nuovo decreto del governo ed i tempi sono abbastanza stretti. Ma a creare incertezza c’è soprattutto il ricorso pendente della Democrazia cristiana. Infatti mercoledì otto sarà deciso se la Dc parteciperà effettivamente alle elezioni. Fino ad allora le tipografie rimarranno ferme in attesa di capire se il simbolo dello scudo crociato di Pizza dovrà essere inserito sulle schede. Solo allora sarà possibile dare il via alla stampa delle trenta milioni di schede elettorali per il Senato. Un ritardo che, come assicurano dal Poligrafico dello Stato, prima di oggi non si era mai verificato.
«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,
le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»