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ROMA - Tra i paesi dell'Europa occidentale l'Italia è considerato un paese con incidenza di Hiv medio-alta. Sì, perché - stando alle cifre fornite dal ministero del Welfare e della Salute in occasione della campagna del 2009 "Aids: la sua forza finisce dove comincia la tua. Fai il test!" - nel 2008 sono stati diagnosticati nel nostro paese 6,7 nuovi casi di sieropositività ogni 100.000 residenti.
In tutto sono 170 mila le persone contagiate da Hiv in Italia, di cui circa 22mila in Aids. E ancora: dall'inizio dell'epidemia nell'82 ad oggi, in Italia ci sono stati oltre 62mila casi di Aids accertati, con 39.500 decessi. A novembre 2009, secondo gli ultimi dati dell'Istituto superiore di sanità, risultano contagiate circa 1.200 persone. Insomma, gli ultimi dati sulla pandemia di Aids - sempre diffusi in occasione della giornata mondiale - fotografano una malattia tutt'altro che debellata e che necessita di nuove campagne informative e soprattutto più ingenti investimenti per essere battuta.
Per questo oggi anche in Italia si sono svolti convegni, manifestazioni ed è stato lanciato uno spot promosso dal Ministero della Salute sull'importanza di effettuare il test, con Valerio Mastandrea come testimonial. Perché il rischio, specie nei Paesi più avanzati, è la sottovalutazione del virus: il test si fa sempre meno, e dei 170.000 sieropositivi nel nostro Paese, si stima che uno su quattro non sappia di esserlo, in modo particolare coloro che hanno acquisito l'infezione attraverso rapporti sessuali sia etero che omo o bisessuali, ritardando così le terapie e soprattutto diventando un veicolo inconsapevole di contagio.
Nel 2009, il 60 per cento dei nuovi casi di Aids in Italia lo ha scoperto tardi. Aumenta infatti l'età media della diagnosi di infezione Hiv, passata da 26 anni per gli uomini e 24 anni per le donne nel 1985 a, rispettivamente, 38 e 34 anni nel 2008. Negli anni in cui non si sa di avere il virus, la malattia non viene curata e avanza verso la sua forma più grave.
"Una situazione attribuibile probabilmente ad una mancata percezione di essere a rischio di contagio", rileva Nps (network persone sieropositive) Italia onlus. La diagnosi di infezione da Hiv in fase già avanzata di malattia rappresenta un evento ormai estremamente frequente: accade in più del 40% delle nuove infezioni.
Dall'ultimo rapporto dell'Unaids, il programma delle Nazioni Unite contro Hiv/Aids, risulta che nel 2008 erano quasi 33,4 milioni le persone che nel mondo convivevano con il virus (due terzi nell'Africa Subsahariana, 2,5 milioni di bambini), con 2,7 milioni di nuove infezioni e 2 milioni di morti collegate alla sindrome.
Un tema fondamentale: malgrado siano stati raggiunti importanti risultati nella lotta a questa sindrome (altri dati dell'Unaids rivelano che negli ultimi 8 anni gli sforzi internazionali hanno portato a una riduzione dei nuovi contagi di circa il 17%), nei Paesi a basso e medio reddito sono meno della metà i malati che ricevono le terapie antiretrovirali di cui necessitano. Ad oggi, infatti, si calcola che per ogni 5 nuovi casi di infezione solo 2 persone hanno accesso ai trattamenti necessari.
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