di Aragorn il 17 gen 2009, 13:18
Ma il milan non ha bisogno di soldi
ROMA (17 gennaio) - Il punto di partenza è questo: il Milan non ha bisogno di soldi. Proprio come il Manchester City. Chiedere al Milan Kakà, un ex Pallone d’oro, quasiun simbolo insomma, è come proporre all’uomo più ricco del mondo di cedere un gioiello di famiglia: non vende e basta. Perché non gli servono liquidi; perché sa che la sua immagine ne uscirebbe comunque offuscata; perché, semmai, se proprio qualcosa deve fare, compra.
Il Milan che ci farebbe con la montagna di monete d’oro offerte dall’emiro? Ovvio: ci comprerebbe altri giocatori. Cosa che fa normalmente e senza l’aiuto altrui. Il Milan non ha forse appena preso due brasiliani? E non ha affittato Beckham per due mesi e mezzo? Non ha comprato Ronaldinho e riportato a casa Sheva? Operazioni che costano e che il patron Berlusconi è solito coprire a fine stagione con un assegno personale.
Lo fa da quando ha preso il club, non da un giorno. Una politica sportiva che gli ha permesso di avere successo anche nella politica tradizionale. E dovrebbe cambiare adesso, forse perché non è di buon gusto disprezzare i soldi in giorni di crisi mondiale? Non ci convince: il Milan per il premier non è un’azienda qualsiasi, ma la preferita.
Siamo giunti a una conclusione, fantasiosa e affascinante: e se fosse tutta una manfrina? Se il Milan la decisione di non mollare il brasiliano l’avesse presa subito, ma la tirasse per le lunghe solo per godersi un finale strappalacrime? C’è addirittura un’altra ipotesi: Galliani potrebbe tenere in piedi la trattativa per dimostrare al suo superiore che il Milan non butta i soldi dalla finestra, ma li investe e certe volte, come dimostra la valutazione data dal Manchester City a Kakà, ritornano moltiplicati per dieci. Potrebbe anche essere.
«Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza,
le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla;
Nuova sarà la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.»