Parigi, 9 giu. - Roger Federer e Rafa Nadal hanno la grandissima capacità, in questi anni, di fermare il tempo. Loro sono i più bravi, loro sono i più applauditi, loro sono i più ricercati. Loro sono l’abitudine. Loro sono la regola. Non ho vissuto i tempi di Coppi e Bartali ma ogni volta che esco di casa e vedo lì, su uno scaffale, un saggio sui due campionissimi, penso che tra qualche lustro, quel posto sarà preso certamente da un testo sui duellanti odierni.
Sì, sono decisamente super partes, giocano un tennis autonomo, indipendente dagli altri. Federer per tecnica ed eleganza sconsiderata, quasi impensabile. Nadal per concentrazione, serietà, quasi fosse l’incarnazione di quel brio spagnolo post franchista pieno di voglia di fare. Guardatelo quando entra in campo saltellando, mai domo, con quello sguardo da torero.
Vittima odierna, per lo svizzero, il russo Davydenko, troppo sprecone e robotico per opporsi al talento di Basilea e, per lo spagnolo, il serbo Djokovic, grintoso e valido sebbene acerbo per le sole venti primavere che porta su una schiena, comunque, già in parte malandata.
Non mi perdo in noiose faccende di numeri (entrambi hanno vinto in tre set) ricordando l’appuntamento domenicale per la finale che sarà la rivincita, possibile per Federer, dell’anno scorso.
Oggi si battono per il trofeo femminile Justine Henin e Ana Ivanovic. Nel frattempo la bravissima Mara Santangelo, con serietà trentina, ha portato a casa il trofeo del doppio femminile in coppia con l’australiana Molik.
Federer (SUI) b. Davydenko (RUS) 7-5, 7-6, 7-6
Nadal (ESP) b. Djokovic (SER) 7-5, 6-4, 6-3