Conti in disordine, buchi senza fondo e un dissesto economico-finanziario che, seppur appianato dalle generosi donazioni dei magnati del pallone, non accenna a risolversi positivamente. Il calcio italiano resta un malato, sfinito da una convalescenza ormai lunga più di un decennio. 'Il Sole 24 Ore' ha fatto i conti in tasca all'industria della pedata e i numeri, come succede regolarmente, non tornano per nulla. Nonostante un incremento di sette punti percentuali del giro d'affari legato allo sport più amato dagli italiani, la stagione 2005-06 ha registrato un altro bilancio in rosso. Il campione analizzato è composto da 17 club di serie A, tutti tranne la Sampdoria, i cui dati non sono ancora disponibili, la Reggina e il Messina, con i consuntivi di queste ultime di cui "non c'è traccia".
Se l'aggragato delle società analizzate ammonta a 1.310 milioni di euro, i costi del personale raggiungono i 741 milioni, il 56,6% delle entrate complessive. Il dato che, però, deve essere considerato il più pregnante della tabella pubblicata dal quotidiano economico è quello relativo alla perdita di gestione del nostro massimo campionato: 380 milioni, di poco inferiori ai 407 della stagione precedente. Una diminuzione non sufficiente per ipotizzare una ripresa del settore. Entrando nel dettaglio, si può evincere come l'Inter sia il club con il bilancio più disastrato, con 181,5 milioni di perdite nel dato consolidato. La classifica dei 'cattivi' prosegue con la Juventus, staccata però di un abisso dalla Beneamata, con i suoi 36,5 milioni di rosso. L'altra grande del nostro pallone, il Milan, ha chiuso invece in attivo di 2,48 milioni, grazia alla plusvalenza di 42 milioni ottenuta tramite la cessione di Andriy Shevchenko al Chelsea. Il bilancio più sano, però, è quello dell'Udinese, che è riuscito a far registrare un utile di 6,5 milioni. Ma le società in attivo sono la stragrande minoranza e il nostro pallone non può certo pensare di aver imboccata la strada virtuosa che molti indicano come necessità impellente.