MILANO, 23 luglio 2007 - E' l'ora dell’annuncio. Dopo giorni di autentica passione, l’ex fortitudino Gianmarco Pozzecco parla del suo passaggio alla Virtus Bologna. «Comincio io?»
D’accordo.
"La Virtus è una società blasonata, con una tradizione pazzesca, una bacheca piena di trofei. In tempi non sospetti ho espresso il desiderio di essere allenato da Stefano Pillastrini. E Claudio Sabatini è il numero 1 dal punto di vista mediatico. E’ capace di follie, un po’ come me".
Il contratto?
"Più che soddisfacente. Poi l’Eurolega, contro il Cska Mosca della mia amica Vera. Situazione ideale: giocare una ventina di minuti, in una squadra di alto livello, non potrei chiedere di meglio".
Bologna?
"Alle partite in casa potrei andarci anche a piedi".
E rispetto alla Fortitudo con cui hai giocato tre anni?
"E’ anche la squadra che mi ha cacciato due anni fa".
E gli amici fortitudini?
"A Giorgio Seragnoli, l’ex patron, ho detto: 'Se per te non è un problema, andrei alla Virtus'. Mi ha risposto: 'Con che diritto ti potrei dire di non andare? Certo che mi dispiace, ma ti capisco professionalmente'. Anche gli altri sono dispiaciuti, ma...".
Insomma, via libera.
"Infatti non ci vado".
Dove?
"Alla Virtus. Non ci vado".
Come?
"Non ce la faccio. L’offerta è perfetta, ma non mi ci vedo con quella maglia".
Ma non era tutto definito?
"Mancava solo la firma. Ma sabato notte ho capito cosa stava succedendo. Ero stato a cena con Maurizio Ferro e altri amici. All’1 e mezza ho deciso di tornare a casa".
Presto, stava poco bene?
"Infatti. Ero in motorino e ho ricevuto un sms, non mi ricordo neanche da chi. Diceva: 'Non ti ci vedo proprio con la maglia della Virtus'. Mi sono fermato. Ci ho pensato. Ho realizzato. Mi sono messo a piangere. Ho chiamato mia mamma e le ho detto: 'Non ci vado".
Cosa le ha detto?
"Il mio babbo mi ha detto: 'Sei un coglione'. Ma sa come sono fatto. Io non ce la faccio proprio".
L’offerta della Virtus risale a qualche settimana fa e aveva già detto che non l’avrebbe accettata. Poi ha detto sì. Non è che cambia ancora idea?
"Professionalmente la proposta era perfetta, unica cosa che avrei cambiato l’arrivo di Luca Garri... Avevo già pensato con che maglia giocare: la numero 5 di Sasha Danilovic in campionato, la 20 di Sugar Richardson in Eurolega. Ma quando ho letto quell’sms, mi sono sentito veramente già virtussino e mi è caduta la catena. Penseranno tutti che sono un idiota".
Chi la conosce capirà.
"I valori che contano sono l’affetto, i legami. Una delle sensazioni più belle per me è entrare nel palazzo di Varese. Se solo due persone mi dovessero guardare di traverso, perché ci entro con la maglia della Virtus, capisco perché faccio bene a dire no. A Varese vorrei che tutti mi trattassero come sempre. E anche a Cantù. C’è una signora anziana che sta sempre sotto il canestro dove si attacca nel primo tempo: le faccio l’occhiolino, scherziamo. Se fosse imbarazzata perché sono diventato virtussino? No, non ce la faccio".
Che cosa ha detto a Pillastrini e Sabatini?
"Mi sentivo un verme prima di dirglielo. Non si sono né arrabbiati, né stupiti. Li voglio ringraziare, sono dei grandi. Sabatini mi ha detto che è una scelta che mi fa onore. Pillastrini è un ex fortitudino, mi ha capito. Spero di non averli messi in difficoltà".
Adesso cosa farà?
Adesso mi sento da Dio. Finisco il camp di Cervia e torno a Formentera. Sono diventato socio di un locale che si chiama 'Veintidos'. Mi rilasso e poi ci penso".
Tornerà a giocare?
"Vorrei fare un anno in Italia e vorrei farlo bene. Poi basta. Se non trovo la situazione giusta potrei smettere subito".
E a Varese con Meneghin, Mrsic, Galanda, De Pol?
"Darei tutti i soldi che ho per avere le gambette che avevo nel 1999: solo così potrei tornarci".
Rimpianti?
"No, sono fatto così. Si vive di valori e io credo nei miei. Non mi piace quando uno del Milan passa all’Inter o viceversa, o dalla Juve al Torino. Io ci ho provato ad andare alla Virtus, ma non ce l’ho fatta"