di mlüff© il 17 feb 2010, 11:07
Con un mese e mezzo d'anticipo sull'ultimo Milan guidato in Champions da Ancelotti, quello che si fece eliminare dall'Arsenal con lo 0-2 del 4 marzo 2008 a San Siro, un Milan nemmeno in grado di finire tra le prime 4 in campionato, e quindi fuori dalla Champions della stagione successiva, la squadra di Leonardo, il 16 di febbraio 2010, al 90 per 100 ha dato l'addio all'Europa. Nel calcio ci sta tutto e c'è spazio anche per i miracoli: ma pensare di vincere 2-0 (o 3-1, o 4-2) il match di ritorno fra tre settimane all'Old Trafford, forse è un tantino azzardato. E non perché il Milan abbia meno classe del Manchester United. Il Milan di classe ne ha ancora da vendere, ma quel che le manca sono altre cose. Le prime che ci vengono in mente sono fiato, corsa, equilibrio tattico, giovinezza.
Contro il Manchester, con la strada in discesa per il gol segnato da Ronaldinho al pronti-via (rinvio goffo di Evra, tiro deviato in rete da Carrick), il Milan ha giocato un primo tempo di grande concentrazione, razzente, da grande squadra. E dopo aver sfiorato in diverse occasioni il 2-0 (su tutte, la palla-gol fallita da Huntelaar al 34', destro in corsa ad anticipare Ferdinand su lancio filtrante di Ambrosini: fuori di pochissimo), ha incassato il gol dell'1-1 a capo di un'azione che è stata un concentrato di jella: con Antonini, stirato, che lascia sguarnita la fascia destra del Manchester, Flechter che ci si infila e mette in mezzo un pallone che Scholes prova a colpire di destro, ciccandolo, colpendolo involontariamente col piede d'appoggio, il sinistro: palla che carambola sul palo e finisce in gol. E insomma: quando l'arbitro portoghese Benquerença fischia la fine del primo tempo, il Milan s'imbuca nel sottopassaggio stizzito e depresso, il Manchester rinfrancato e ringalluzzito.
Ma c'è ancora un tempo da giocare e tutto può ancora succedere. Senonchè si riparte e subito, drammaticamente, si notano due cose: 1) il Milan non corre più (e quindi non gioca più); 2) il Manchester corre ancora, tiene palla e si riversa insistentemente, e sempre più pericolosamente, nella metà campo rossonera. In pratica succede che il Milan è in campo con 3 attaccanti (Pato, Huntelaar e Ronaldinho) che non danno il minimo contributo alla fase difensiva; e i 3 centrocampisti che dovrebbero cercare di arginare le manovre avvolgenti dei 5 centrocampisti del Manchester (Scholes, Flechter, Carrick, Park e Nani: la sola punta di ruolo è Rooney) non sono assolutamente in grado di farlo. Uno si chiama Beckham, che è un monumento in tutti i sensi, a cominciare dai movimenti; uno si chiama Pirlo, che tra le tante doti non ha certo quella di sapersi trasformare in un Furino; e uno è Ambrosini, che invece è un combattente nato e lotta e sgomita come nemmeno Enrico Toti: ma in 1 contro 5, converrete che non c'è partita.
Dimenticavamo. C'è un altro milanista drammaticamente fermo: Leonardo. Che invece di pensare a portare a casa l'1-1 – e mantenere uno straccio di speranza di qualificazione - togliendo un attaccante e irrobustendo il centrocampo, se ne resta a guardare il Manchester che diventa un fiume in piena e a un certo punto esonda. Il tempo di vedere Valencia entrare al posto di Nani (stucchevole) ed ecco Rooney piazzare i due colpi del k.o., sempre di testa, prima su palla messa da destra da Valencia, poi su palla messa da sinistra da Flechter. Con tutto il Milan a guardare, sorta di presepe vivente fuori stagione.
La cosa sconsolante è che il Milan di Leonardo si è fatto strapazzare dal Manchester nello stesso identico modo in cui il Milan di Ancelotti, due anni fa, si fece mettere sotto, sempre a San Siro, dall'Arsenal. Anche allora dopo un primo tempo giocato alla pari il Milan scomparve, atleticamente parlando, nel secondo: non riuscì a reggere le due punte e mezzo tenute in campo da Ancelotti (Pato e Inzaghi più Kakà), un Ancelotti che addirittura compì il peccato mortale di sostituire Inzaghi, al 69', con un altro attaccante, Gilardino, mandando definitivamente al macello i poveri Gattuso, Pirlo e Ambrosini, sempre più in debito d'ossigeno. L'Arsenal, che non valeva questo Manchester, prese sempre più possesso del match e nel finale colpì prima con Fabregas, poi con Adebayor. 2-0 e tutti a casa.
Evidentemente al Milan gli anni passano invano: e ogni stagione è un penoso deja-vù della stagione precedente. Eppure la lezione sembra chiara: senza fiato, corsa, equilibrio tattico, giovinezza, oggi nel calcio non si va da nessuna parte. Il Milan gioca con 3 punte, il Manchester con una. Il Milan gioca con 3 centrocampisti di cui 2 fermi (Beckham e Pirlo), il Manchester con 5 centrocampisti capaci di muoversi e di fare avanti e indietro dal primo all'ultimo minuto. Il Manchester ha un vecchio giocatore in formazione (Scholes) che corre per 90 minuti, tant'è che Ferguson non ha nemmeno bisogno di ricorrere alla 3^ sostituzione per avvicendarlo, il Milan ha un vecchio giocatore in formazione (Beckham) che batte punizioni, calci d'angolo e fine della storia. Quando al suo posto, a buoi scappati, entra Seedorf (avete capito bene: Seedorf), sembra che in campo entri un ciclone di freschezza, tanta è la differenza di vitalità e reattività tra i due.
Siamo nell'anno di grazia 2010 e il Milan si appresta a chiudere la sua ennesima, malinconica stagione in pieno inverno, con 4 mesi d'anticipo, in un'atmosfera di totale smobilitazione. Fuori al 90 per 100 dalla Champions, fuori dalla lotta per lo scudetto, fuori dalla Coppa Italia: e non sarebbe niente, se non fosse che tutto questo succede con Dida ancora in campo, Favalli ancora in campo, Beckham ancora in campo: e poi Ronaldinho. Che ieri ha giocato una partita splendida, la migliore di questa stagione, ma che per buona parte dell'anno – lo ribadiamo - è un peso morto che grava sulle spalle di una squadra già senza forze di suo. Perché la verità è che gli anni passano e al Milan sono tutti più vecchi, più logori, più fermi. Campioni che si specchiano nella loro antica grandezza. Intanto, fuori, il mondo è cambiato.